Il Coordinamento Nazionale delle Associazioni Forensi (C.N.A.F.)

Il Coordinamento Nazionale delle Associazioni Forensi (C.N.A.F.), nasce dalla consapevolezza del fatto che l’esistenza di una pluralità di formazioni corrisponde ad una pluralità di idee e proposte, tali da rappresentare sempre un arricchimento per chi dovrà operarne la sintesi, tale da fornire all’interlocutore un quadro complessivo quanto più esaustivo delle varie problematiche che lo indurranno ad operare una scelta piuttosto che un’altra.

Sviluppando  questa premessa, il Coordinamento ha voluto esaltare il ruolo della sintesi politica delle varie proposte, valorizzando le idee dei singoli ed enfatizzando l’unicum che ne deriva, attraverso il  confronto, la dialettica e l’amalgama di tutte le scuole di pensiero, rappresentato dalla leale compartecipazione ad un progetto comune; perché una buona idea è e rimane tale, sempre, da chiunque provenga.

Con la forza e la determinazione rappresentata da un così nutrito e compatto Corrdinamento, ci proponiamo di essere, tutti insieme e reciprocamente aiutandoci, un attento vigile pronto ad intervenire per evitare comportamenti non corretti e distorsioni, in danno della propria categoria ma anche dei singoli associati, a cui fornire supporto ed a tutela e difesa dei Cittadini.

E ciò proprio nell’ottica rilevata dai Padri Costituenti nella Carta Costituzionale in cui alla Difesa hanno attribuito dignità Costituzionale quale diritto insopprimibile ed irrinunciabile per ogni Cittadino.

E’ evidente a tutti, ce lo ricorda la Storia, che gli Avvocati sono il baluardo del Diritto di Difesa e non esiste civiltà democratica senza la presenza dell’Avvocato.

L’effettiva rappresentatività di una significativa parte dell’avvocatura, la democraticità degli statuti, la pubblicità dei bilanci delle associazioni, la turnazione nelle cariche apicali, l’autonomia ed indipendenza (di fatto e morale), la competenza e tempestività nell’intervento politico, sono i presupposti di una credibile azione politica, complessivamente svolta dalle associazioni e da questo Coordinamento che intende riunirle e coordinarle in un’unica e comune voce collettiva.

  • Un’associazione che non funziona è un “guasto” che deve preoccupare tutti, anche i non aderenti, poiché essa propala argomentazioni in nome di indeterminati soggetti facendosi portavoce della classe forense, minando le fondamenta stesse della credibilità del mondo associazionistico e della dignità dell’Avvocato e della sua funzione.
  • Per poter comprendere la portata reale di questa funzione occorre tenere presente che le associazioni vengono compulsate dagli organi istituzionali (regolamento CNF 16.7.2014 n. 4 art. 3), partecipano ai tavoli istituzionali per modificare o innovare gli istituti che ci riguardano e che ci governano come categoria,
  • Si tratta di poter incidere immediatamente su ciò che modificherà la quotidianità di ciascuno di noi.
  • La necessità di partecipare e di rapportarsi nel mondo associativo è fondamentale per essere concreti e consapevoli protagonisti del nostro quotidiano e del nostro futuro.
  • Non è più il tempo di trincerarsi nel proprio orticello pensando che tanto ciò basta: no ciò non basta.
  • E non basta, non solo perché le decisioni prese dalla Istituzioni (Ministero della Giustizia, Cassa Forense, Ministero dello Sviluppo Economico, MEF, CNF, COA…) immediatamente si ripercuotono sull’ “orticello” di ciascuno di noi, abbattendo d’un colpo la recinzione e travolgendo ciò che vi è contenuto, ma perché ciò rappresenta anche una possente interferenza nella scelta professionale e, prima ancora, di vita di ciascuno di noi.
  • Essere un Avvocato è una scelta che non può essere adombrata facendoci diventare imprenditori: il nostro fine non è realizzare un utile ma tutelare i diritti violati del nostro assistito.
  • Neppure siamo mercanti; poiché non vendiamo servizi.
  • Nemmeno siamo mercenari; perché è la passione che anima la nostra funzione (costituzionale) non è il danaro.
  • Con l’ovvio corollario che permane, integro, il diritto alla giusta remunerazione della propria opera professionale.
  • Il prestigio, l’orgoglio di questa scelta, l’evoluzione del futuro di ciascuno di noi, non è né mercificabile nè sacrificabile e neanche contrattabile.
  • Solo la passione, fondamento della nostra scelta, può giustificare tante trepidazioni incomprensibili a chi non esercita la nostra funzione.
  • L’attività delle associazioni, come comunità-gruppo di Colleghi, si concretizza anche nell’intervento sulle difficoltà, sugli apparenti “piccoli impicci” con cui ci scontriamo quotidianamente.
  • Non dobbiamo assuefarci a ciò che svilisce la nostra Professione, né a ciò che ci avvilisce nel corso delle nostre mattinate davanti ai Giudici di Pace, nei Tribunali o nelle Corti o davanti ai mediatori, nei rapporti con i Colleghi e con i Magistrati, con i funzionari delle cancellerie…dobbiamo opporre ogni resistenza perché il decadimento professionale in atto non è ineludibile, ma è arginabile da ciascuno di noi come singolo e come associazione.
  • Occorre una reazione comportamentale dei singoli che, nel loro complesso, diventi inevitabilmente di tutta la Categoria. Una reazione che ripristini il prestigio e la responsabilità della nostra attività, e ci dia la concretezza di rapportarci ai nostri quotidiani interlocutori con la consapevolezza dell’alta funzione che stiamo svolgendo.
  • Va rivalutata ed esaltata  la capacità di intervento dell’associazionismo, in particolare del Cordinamento, laddove si manifestano condizioni concrete di aggressione alla dignità della funzione, che  sono anche le (soltanto apparentemente) piccole cose ma indicative di un retropensiero che va stigmatizzato ed estirpato:  il modo di tenere le udienze, la gestione dei processi e procedimenti (specialmente con imputati detenuti), le stanze sovraffollate che non consentono un equilibrato dibattito fra avvocati e magistrato, le incongruenze del PCT, rinvii dai tempi inaccettabili, gli accessi negli uffici giudiziari e la carenza di personale, il trattamento riservato da taluni agli avvocati, talvolta trattati con sufficienza, se non con disprezzo, la indecente lentezza nelle liquidazioni per i soggetti ammessi al patrocinio dei non abbienti, le vergognose tempistiche per l’emissione dei mandati ed il pagamento delle fatture elettroniche, talvolta le incoerenti richeiste dei magistrati, incomprensibili se non alla luce di una distorta visione della propria funzione, spesso del tutto immotivamente contrarie e avverse ai dettami della Suprema Corte in tema, che obbligano cittadini e colleghi a veri e propri equilibrismi giuridici a tutto discapito della certezza al diritto e della Giustizia.
  • Bisogna anche metter mano alla concretezza. Bisogna porre fine all’indiscriminato accesso alla professione forense quale rimedio residuale per sbarcare il lunario.

Bisogna pure metter mano alla situazione di circa 250.000 avvocati, che oggi lamentano gravi problemi reddituali.

Bisogna metter mano a strumenti di supporto del reddito (magari con l’ausilio di Cassa Forense) e fare una guerra senza quartiere a chi evade.

Per fare questo, ed è cosa possibile ed alla nostra portata, è necessario divenire parte attiva e propositiva del sistema: gli ignavi con la loro assenza hanno determinato la crisi profonda che stiamo attraversando come categoria.

Questa è una vera propria  “chiamata alle armi”!

Bisogna partecipare in numero e contributi di idee per dare forza ad una maggioranza reale di colleghi,  che, per pigrizia ed indolenza, oggi si fa governare supinamente da una minoranza palesemente non in grado di dare risposte concrete ed efficaci.

Bisogna dare voce a questa maggioranza, facendo in modo che le idee di questa  maggioranza di Professionisti possano portare al rinascimento dell’Avvocatura Italiana.

Inoltre bisogna vigilare affinchè  le Istituzioni e le rappresentanze politiche dell’Avvocatura e i loro componenti, a tutti i livelli ed in tutte le loro articolazioni, siano convintamente e concretamente rispettosi della legalità e conformino la loro opera alla massima trasparenza e buona amministrazione, senza sconti per nessuno,  in modo da essere esempio per tutta la società civile e per le altre Istituzioni.

Ed infine un cenno merita il rapporto “Magistrati – Avvocati”

E’ opportuno e necessario quindi aprire le menti ad una reale ed effettiva collaborazione, pur nel rispetto dei rispettivi ruoli, con i Magistrati, dipendenti delle Cancellerie ed Avvocati, quali soggetti che quotidianamente condividono le loro vite al solo scopo di far funzionare il  sistema “Giustizia”. Molte, quindi, sono le battaglie da fare in comune perchè comuni sono le ragioni delle stesse e comune è l’interesse affinchè il sistema “Giustizia” funzioni. Lo dobbiamo al giuramento fatto; lo dobbiamo ai Cittadini; lo dobbiamo ai sacrifici ed alla scelta di una vita che abbiamo fatto.

Tutto questo ci impegniamo a fare come Coordinamento Nazionale delle Associazioni Forensi, confidando nella  massima partecipazione convinta dei nostri Colleghi Avvocati.

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