Tutela degli animali di affezione e prevenzione del randagismo: l’attuale situazione della Regione Puglia

A distanza di 28 anni, la normativa italiana di riferimento, in tema di tutela degli animali di affezione (cani e gatti) e prevenzione del randagismo, è ancora la Legge Quadro 14 agosto 1991, n° 281, recepita dalla Regione Puglia attraverso l’emanazione della Legge 3 aprile 1995, n° 12.

Nel corso di questi anni si sono succedute innumerevoli pronunce, sia a livello nazionale sia a livello europeo ed internazionale, che hanno riconosciuto la natura di “esseri senzienti” degli animali, oggi considerati come parte integrante del tessuto sociale dell’individuo, pur essendo inquadrati, a livello giuridico, ancora – e purtroppo – tra i beni mobili.

Tuttavia, in molte zone del territorio, gli esperti del settore hanno evidenziato la mancanza di una tutela efficace volta alla prevenzione del randagismo che, nonostante gli sforzi profusi dalle numerose associazioni animaliste per tentare di arginare il problema, resta una grave piaga sociale che si cerca faticosamente di debellare.

Sono ancora tanti, infatti, i Comuni che, ad oggi, non hanno provveduto alla costruzione dei canili sanitari espressamente previsti dall’ art. 8 della L. R. n° 12/95, i quali rappresentano le strutture in cui dovrebbero (o avrebbero dovuto), almeno teoricamente, trovare accoglienza i cani recuperati in quanto vaganti, al fine di essere curati, anagrafati, microcippati e sterilizzati per il tramite delle rispettive ASL di riferimento, in attesa di trovare adozione o altra sistemazione.

Ciascun Comune, inoltre, avrebbe avuto anche l’obbligo, ai sensi dell’art. 9 della suddetta legge, di dotarsi di almeno un rifugio, ossia un luogo destinato all’ accoglienza dei cani provenienti dai canili sanitari, che non hanno trovato adozione o altra sistemazione.

Sennonché, i criteri per la realizzazione dei rifugi, improntati a garantire il rispetto del benessere degli animali e delle esigenze igienico-sanitarie, prevedono una capacità massima, per singolo impianto, di 200 esemplari su una superficie minima di 160 mq. In alternativa, sono previste forme di governo a stabulazione libera, in ampi spazi debitamente recintati ed insistenti su suolo agricolo, con un numero massimo di 30 esemplari per ogni singolo impianto, suddivisi in quattro recinti, con una superficie minima, per capo, pari a 30 mq.

Orbene, complice l’insufficiente attività di sterilizzazione – che peraltro avrebbe dovuto riguardare non solo i cani randagi, bensì anche i gatti che vivono in libertà, il cui numero, negli anni, è aumentato in maniera esponenziale – ben presto si è esaurita la disponibilità dei posti all’interno dei suddetti rifugi.

In alcuni casi, si è addirittura concentrato un numero di esemplari di gran lunga superiore a quelli originariamente previsti, andando a determinare problemi di sicurezza ed igiene pubblica nonché ad alimentare, conseguentemente ed inevitabilmente, il fenomeno del randagismo, come lamentato dalle numerose associazioni operanti sul territorio, le quali hanno evidenziato, a conti fatti, il fallimento dell’attuale Legge.

Legge che, peraltro, prevede altresì l’espresso divieto di condurre animali in strutture, di cui agli artt. 8 e 9, ubicate fuori regione ed al di fuori del comprensorio competente per ASL, visto l’art. 5 della legge regionale 22 agosto 1989 n° 13 (Norme concernenti la materia veterinaria), la quale stabilisce che le funzioni in materia veterinaria, non espressamente attribuite alla competenza dello Stato o della Regione, sono esercitate dai Comuni, che si avvalgono delle rispettive ASL.

Come è facile intuire, pertanto, tutto ciò ha comportato innumerevoli problemi sul piano pratico ed organizzativo, di cui si sono fatte carico le diverse associazioni, spesso supportate anche economicamente dai privati, costrette a fare i salti mortali per salvare, curare e gestire i numerosi animali rinvenuti sul territorio, molti dei quali addirittura abbandonati dai proprietari, soprattutto nel periodo estivo.

E questo, nonostante la L. R. n° 12/95 preveda espressamente, all’art. 9 comma 4, che “al fine di combattere il fenomeno dell’abbandono, presso i suddetti rifugi possono essere ospitati cani e gatti con regolare proprietario per determinati periodi di tempo e a pagamento”, mentre all’art. 11 è previsto che “Qualora il proprietario o detentore di un animale, intenda rinunciare a questi, deve formulare comunicazione scritta al Servizio veterinario della USL competente per territorio, che provvede al ritiro dell’animale e alla consegna al competente rifugio in condizioni di affidabilità”, determinando, a carico del proprietario rinunciatario, un contributo di mantenimento per l’intero periodo di permanenza nella struttura.

In merito al ricovero e alla custodia dei cani, inoltre, la Consulta, con sentenza 18 ottobre 2016 n° 285, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14-bis della L. R. n° 12/95, nella parte in cui non consente ai soggetti privati, che garantiscano al loro interno la presenza di volontari delle associazioni animaliste e zoofile preposti alla gestione delle adozioni e degli affidamenti dei cani e dei gatti, di concorrere all’affidamento di gestione di canili e gattili.

A seguito di tale pronuncia si è scatenato un aspro dibattito tra i soggetti privati, che adesso rivendicano con forza tale diritto, promettendo al contempo di garantire un servizio efficiente, e numerose associazioni animaliste pugliesi, le quali temono, invece, che i primi mirino in realtà a trarre profitto dalla gestione, a discapito del benessere degli animali.

Sono stati criticati, infatti, alcuni emendamenti al ddl n° 15 del 21 Febbraio 2019, in abrogazione della L.R. n° 12/95, tra cui quello che conferisce il riconoscimento ufficiale di convenzioni pubbliche per il ricovero degli animali nelle strutture private, consentendo all’uopo di superare il tetto dei 200 esemplari ospitabili, nonché quello che consente il trasferimento dei cani al di fuori del comprensorio ASL di riferimento e fuori regione.

Invocati a gran voce, invece, più efficaci piani di sterilizzazione degli animali randagi e di proprietà, al fine di prevenire il fenomeno del randagismo, nonché maggiori controlli sul rispetto delle norme.

Vi terremo aggiornati.

Vincenzo Scarafile

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