Lo avevamo detto e, puntualmente, si è verificato: ad agosto succede sempre qualcosa che attira l’attenzione generale, svegliando (ma non troppo!) le persone dall pennica estiva e distraendole (ma giusto per tre secondi e mezzo) dal relax meritato. Ad agosto, e non a Carnevale, ogni scherzo vale.
Faccio una doverosa premessa: in Italia, in tutta onestà, non ricordo che – negli ultimi 30 anni – si siano avvicendati Ministri della Giustizia che abbiano lasciato il segno. A mio modesto avviso, gli ultimi Ministri competenti sono stati il prof. Giovanni Conso, Padre dell’attuale Codice di Procedura Penale (in vigore dal 1988), ed il prof. Giuliano Vassalli, accademico dei Lincei, stimato professore universitario e che certo non ha bisogno di presentazioni. Sul resto dei ministri, è meglio stendere un velo pietoso (Alfano ed Orlando su tutti), ivi compreso l’ultimo, Alfredo Bonafede – che, forse, li batte tutti.
E’ notizia di qualche giorno fa: il vice premier Salvini (che, attualmente, ricopre il ruolo di Ministro dell’Interno) ha deciso di “staccare la spina” al governo, azione, questa, che – di fatto blocca ogni iniziativa governativa. Ivi compresa la “riforma del codice di procedura civile”, voluta dal Ministro Bonafede (da giovane, appellato Fofò Dj per la sua attività di disc – jockey, svolta negli anni ’90) e che ha suscitato tante reazioni negative nel mondo della Avvocatura.
Diciamo che il Ministro/disc jockey non ha brillato molto, durante il suo mandato; anche se dalla sua ha avuto la sfortuna di vedersi piovere (tra le tante cose!) la mazzata delle udienze nelle tende a Bari (a seguito di una contestata ordinanza sindacale di sgombero del Palazzo di Giustizia di Via Nazariantz, emessa nel maggio ’18) e la confusione dettata dal mare magnum di soluzioni provvisorie da adottare (in attesa di una soluzione definitiva che Bari, l’hinterland, gli Avvocati tutti, i Magistrati, il personale di cancelleria ed i cittadini aspettano da quasi venti anni).
Non è questo il momento di affrontare l’argomento “Edilizia Giudiziaria” su cui in molti hanno, nel corso degli anni, preferito glissare e ciò per vari motivi, rinviando ad un momento successivo per la trattazione dello stesso argomento, su cui c’è da scrivere tantissimo.
Piuttosto ad attirare l’attenzione in questo periodo, è stato un articolo del c. d. giornale della avvocatura (credo che si chiami Il Dubbio), un giornale fondato nel 2016 e di proprietà di una fondazione (Edizione Diritti e Ragione, con sede a Bolzano, che fa diretto riferimento al Consiglio Nazionale Forense – almeno così risulta ed io ci credo).
Il titolo che ha attirato la mia (e non solo!) attenzione è: “La crisi di governo blocca la riforma della giustizia (la g è scritta in minuscolo e ciò a riprova della scarsa considerazione dell’articolista – ed in evidenza, anche del Direttore Responsabile e dell’Editore, che non hanno minimamente pensato di correggere l’errore – verso il mondo Giustizia, n. d. A.) – Un anno di lavoro in fumo”.
Il Ministro/disc jockey Bonafede – durante questo anno di governo – ha partorito parecchie idee malsane di riforma (ci ricordiamo tutti della riforma della prescrizione “fine pena mai” che, per fortuna, non ha visto la luce), le quali attestano, di fatto, come gli studi giuridici, la pratica professionale e la professione possano essere vilipesi e presi a pernacchie solo pensando certi obbrobri. La riforma del Codice di Procedura Civile, per fortuna, è morta sotto i colpi (involontari) di una crisi di governo, al momento, solo paventata (ma che si appresta a diventare reale).
Il giornale della avvocatura (il minuscolo è voluto) si dice quasi dispiaciuto che il lavoro del ministro (anche in questo caso, il minuscolo è voluto) stia andando in fumo. Peccato (per loro)!
Quando il giornale della avvocatura stava vedendo la luce (marzo – aprile 2016) e l’imperatore Mascherin (ben conscio che l’operazione Il Dubbio era costata al CNF – e quindi agli avvocati italiani – ben 1.600.000,00 di euro e che, comunque la stessa operazione era rischiosa, da un punto di vista economico) cercò di imporre ai Consigli dell’Ordine, la sottoscrizione di un certo numero di abbonamenti, in Italia ci fu una sollevazione popolare e molti Coa si rifiutarono di avallare una simile (folle) decisione. I risultati si sono visti, con bilanci in perdita del menzionato giornale.
Il giornale della avvocatura arrivò addirittura a bloccare, sulla propria pagina fb, gli Avvocati che osavano contestare l’esistenza stessa di un simile quotidiano (che, a mio giudizio, rappresenta lo scempio della libertà di stampa, nel momento in cui non dà la possibilità di esprimere critiche a chi, DI FATTO, CONSENTE A QUEL GIORNALE DI RIMANERE IN VITA, cioè gli Avvocati stessi che pagano – attraverso la tassa di conservazione all’Albo – una quota di finanziamento del CNF, editore reale de Il Dubbio).
Dunque, alla luce di quanto detto e ricordato, a me piacerebbe sapere in base a quale principio il dubbio (giornale) parli anche a mio nome. Perché Il Dubbio non parla a mio nome (e non lo fa neanche per la quasi totalità dei 247.000 Avvocati italiani), che sia chiaro.
E qui mi sorge il dubbio che Il Dubbio parli a nome dell’editore reale (presieduto dall’imperatore/illegale Mascherin) e di qualche altro non ben identificato collega.
E da qui nasce un altro dubbio: cui prodest quel titolo (che i più hanno considerato una lisciata di pelo al Ministro/disc jockey)?
Quanti dubbi fa sorgere il dubbio (giornale) …
Ma, personalmente, ho una sola certezza: Il Dubbio non ha MAI scritto IN MIO NOME.
Nicola Zanni
(un Avvocato pieno di dubbi e che non ha mai simpatizzato per Il Dubbio, venendo pure bannato dalla sua pagina fb).