Sono in studio e sto ricevendo una assistita storica; al momento stiamo parlando del più e del meno. All’improvviso, mi arriva (dritta in fronte come la pietra scagliata da Davide a Golia) la domanda: cosa pensi di questo nuovo Governo?
Chi mi conosce, sa bene cosa ho risposto. Ma ciò che attira la sua attenzione, è la mia considerazione negativa sulla riconferma del Ministro Bonafede. “Perché ce l’hai con lui?”, mi chiede. Le rispondo che la reputazione negativa (presso di me e presso qualche decina di persone) lui se l’è creata per una serie di provvedimenti creativi e per delle affermazioni che rasentano il ridicolo sfociando nella vera e propria ignoranza (“faccio i decreti ingiuntivi sulle sentenze di condanna”, in soldoni).
Per la mia assistita, Bonafede è stato ed è un ottimo Ministro, perché fa gli interessi dei cittadini. Per quanto mi riguarda, il discorso non fa una piega; tuttavia le ho riposto che, in quanto a preparazione, ha fatto sfoggio di totale ignoranza che, poi, ha avuto effetti nefasti anche nell’esercizio del suo mandato.
Ma ciò che ha attirato la sua attenzione (della mia assistita, dico) è la mia difesa della prescrizione (principio che, come ben sanno anche gli studenti del primo anno di Giurisprudenza, riguarda sia il diritto civile che il diritto penale), con annessa mia critica a chi vorrebbe smantellare questo principio di civiltà (perché non deve essere il cittadino a pagare per l’inerzia di uno Stato o, nel caso del diritto civile, per l’inerzia di chi ne ha diritto).
A questo punto, le dico che la prescrizione è l’estinzione di un diritto quando il titolare non lo eserciti per il tempo determinato dalla legge e cerco di essere, al riguardo, il più chiaro possibile con degli esempi concreti.
La assistita dice, a questo punto, che la prescrizione copre i colpevoli ed io alzo le mani e mi arrendo: a chi dice queste cose, non posso controbattere con discorsi giuridici, non capirebbe (per sua colpa o, molto verosimilmente, per colpa mia) e, per quanto mi sforzi di rendere comprensibile il mio ragionamento, non c’è verso di farlo capire. Colpa mia. Forse uso termini molto tecnici e non mi rendo chiaro.
Il problema, però, è che il ragionamento di Davigo (“tutti sono innocenti fino a quando non è scoperta la loro colpevolezza”) e di Bonafede (“dobbiamo aumentare i termini della prescrizione perché i cittadini hanno diritto a pene certe”) sta prendendo piede sempre di più, e quelli che sono i principi di “civiltà” giuridica (diritto del cittadino ad avere un giusto processo in termini ragionevoli; diritto del cittadino ad essere giudicato da un Giudice imparziale; diritto del cittadino a vedere garantiti i suoi diritti; diritto del cittadino ad essere ritenuto non colpevole fino alla irrevocabilità della sentenza, art. 27, comma 2, Costituzione) sono stati e sono calpestati proprio dalla vulgata che influenza sempre di più chi ci governa.
L’errore di fondo è considerare oggetto di discussione solo la prescrizione penale (tanto di quella civile gliene cale poco a nessuno).
Ma non si parla solo di prescrizione, allargando il discorso a tanti altri argomenti.
Il Ministro Bonafede, riconfermato, durante i 14 mesi del mandato precedente, non ha dato prova di tanta sapienza, ad onor del vero.
Lo ricordiamo tutti a Bari, all’indomani della ordinanza di sgombero del Palazzo di Giustizia di Via Nazariantz (Giugno ’18) e delle udienze nelle tende. Il suo problema era “togliere le tende” (alla fine riuscendoci, ma sistemando la Giustizia penale prima a mosaico e poi in un Palazzo che deve essere adeguato all’uso proprio di un Tribunale).
Certo, ha sottoscritto il Protocollo di Intesa per il Polo Unico della Giustizia (il 30 Luglio 2019); ora resta da vedere in quanto tempo l’opera “protocollata” sarà sistemata e vedrà finalmente la luce.
Ma vogliamo vedere all’opera il Ministro anche per ciò che concerne le proposte. Finora ha dato ampia dimostrazione (non so se per colpa sua o di quanti gli hanno consigliato le proposte) di essere abbastanza insipiente.
Se si consiglia l’ennesima revisione del Codice di Procedura Civile (ho perso il conto delle riforme, dal 1995 ad oggi), perché i processi sono tanto lunghi, proponendo la “sommarizzazione” del procedimento (702 bis per tutti … salvo poi vedersi fissate le udienze ad otto – dieci mesi dalla iscrizione a ruolo della causa), allora non ha capito nulla della crisi della Giustizia.
La riforma non deve partire da Codici, ma dall’aumento dell’organico dei Magistrati e del personale di cancelleria. Forse non lo ha compreso (o forse non glielo hanno spiegato bene).
Un avvocato conosce bene il disagio della Giustizia. Un avvocato, però, sa che – a seguito di una sentenza che prevede, in forma esecutiva, la condanna della controparte al pagamento di una certa somma di denaro e la statuizione in ordine alle spese legali – si notifica un atto di precetto, non si richiede un decreto ingiuntivo.
Appunto, lo sa un avvocato che svolge quotidianamente il suo lavoro. Se uno non sa queste cose, significa che o non fa l’avvocato o lo fa per opera dello Spirito Santo. In entrambi i casi si deve diffidare. E, comunque, bisogna ascoltare che esercita quotidianamente la Professione forense.
Buon lavoro, Ministro Bonafede.
Nicola Zanni