Un avvocato nelle cancellerie al tempo del coronavirus

C‘era una volta un Avvocato che faceva visita periodicamente ai cancellieri di svariati uffici giudiziari. Questa attività svolgeva per lavoro,  non certo per perdere tempo o per passare qualche ora in compagnia.

Un bel giorno, l’avvocato si recava presso la Corte dei Conti Puglia (che definire da sempre una repubblica a sé stante, è alquanto riduttivo), e prima di poter essere accreditato per l’accesso agli uffici, doveva compilare un modulo in cui dichiarava – sotto la propria responsabilità penale – di non essersi recato, nelle due settimane precedenti, nelle regioni Lombardia e Veneto (e perché non hanno indicato anche l’Emilia Romagna che, allo stato, è la seconda regione per contagi e decessi?).

Dopo questa dichiarazione di prammatica, in evidenza attestante la grande diffidenza verso gli Avvocati (poi alla Corte dei Conti dovranno dirci in quanti colleghi hanno detto il vero!), una domanda gli sorgeva spontanea: e se qualche collega avesse dichiarato di essere stato per un’ora in quei posti, che avrebbero fatto? Gli avrebbero negato l’accesso? Avrebbero chiamato il 112 per il tampone? Avrebbero composto il numero verde messo a disposizione dalla Regione Puglia? Si sarebbe messo in auto – quarantena? E dove si sarebbe stato rinchiuso? In ufficio? A casa? Boh!

Ma il nostro avvocato guardava oltre e, dopo aver fornito la risposta che alla Corte dei Conti volevano sentirsi dare, accedeva all’ufficio che a lui interessava.

Una volta entrato nell’ufficio, percepiva un certo disagio, sentendosi quasi un corpo estraneo, ragione per cui provvedeva (e per ben tre volte!) ad igienizzare le sue mani con amuchina (che si era, previdentemente, portato da casa).

Successivamente, il nostro Avvocato  si recava presso il Palazzo Telecom in Via Dioguardi, sì da ritirare un certificato precedentemente richiesto all’URP (Ufficio Relazioni con il Pubblico, il cui acronimo – in questo periodo – ha momentaneamente cambiato nome, divenendo Ufficio Relazioni Pericolose).

Qui il nostro Avvocato si trovava di fronte ad uno schieramento di check point che neanche la peggiore Berlino della Guerra Fredda aveva mai visto: ben due file di scrivanie da passare, prima di giungere alla cancelliera la quale mostrava fretta di liberare l’ufficio da presunte fonti di contagio (che, a suo pensiero, dovevano giungere esclusivamente dagli Avvocati) e rilasciava (nel giro di 15 secondi netti!) il documento richiesto.

La storiella non finisce qui!

Il nostro Avvocato, non contento di aver vissuto pericolosamente le avventure precedenti, preso da raptus compulsivo (perché è noto che gli Avvocati, non avendo nulla da fare, girano tra le cancellerie, mossi dalla voglia di perdere tempo ed infestare gli ambienti con i virus da loro portati), si recava al TAR Puglia, dove viveva una ulteriore storia.

Anche qui, una volta entrato nell’ufficio da visitare, il nostro eroe si trovava la strada sbarrata da un carrello il quale serviva per poggiare le copie di cortesia di svariate cause, contenute in una busta di carta, onde evitare che il cancelliere addetto al ritiro delle citate copie, venisse a  contatto ravvicinato con gli Avvocati.

A questo punto, l’Avvocato si poneva alcune domande: pur comprendendo la necessità di adottare le cautele dovute, c’è stata una preventiva consultazione delle Presidenze della Corte dei Conti, del TAR e del Tribunale con la Camera Amministrativa, con la Camera Penale e con il Consiglio dell’Ordine? O, piuttosto, tali “sbarramenti” sono frutto di arbitraria ed unilaterale decisione da parte dei responsabili delle cancellerie? E, a questo punto, visto che gli Avvocati – dagli addetti ai vari uffici – sono considerati gli untori di manzoniana memoria, non sarebbe opportuno un intervento serio e deciso dei nostri rappresentanti Istituzionali?

Ovviamente il nostroavvocato chiedeva per un amico!

Eugenia Acquafredda

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