A ferragosto di quest’anno entrerà in vigore – seppur con le limitazioni di cui diremo in proseguo – il Codice della crisi d’impresa così come normato nel decreto legislativo 14/2019 (GU Serie Generale n.38 del 14-02-2019 – Suppl. Ordinario n. 6).
Senza indugiare nella disamina delle singole norme che presentano elementi di significativa novità rispetto al passato, occorre ricordare – ove ve ne fosse la necessità – che la nuova stesura contiene regole assai più restrittive rispetto a quelle attuali e, particolare non di poco conto, che Tutti gli operatori si troveranno ad operare – almeno per i primi due anni – con principi e regole del tutto nuove rispetto ai quali nessuno possiede la competenza e padronanza.
In questo momento storico con una dichiarata pandemia (COVID 19), i cui effetti e conseguenze risultano ancora in itinere e per tale evidenza scarsamente valutabili, e con l’economia globale in pesante recessione, appare oltremodo necessario ed indifferibile un provvedimento che rinvii sine die l’entrata in vigore del richiamato Codice.
In verità il legislatore parrebbe orientarsi verso questa direzione e ciò a leggere l’art. 11, comma 1, del D.L. n.9 02.03.2020 il quale avrebbe (il condizionale è d’obbligo trattandosi di provvedimento soggetto a conversione e comunque sempre emendabile nel corso del procedimento di approvazione) differito al 15 febbraio 2021 l’entrata in vigore delle norme rubricate al titolo secondo, capo I “strumenti di allerta”.
Nel caso di specie e per migliore lettura, le norme della cui entrata in vigore ne è stato differito il termine sono quelle ex art. 14 e 15 relative all’obbligo di segnalazione.
Si tratta delle (segnalazioni interne) denunce cui saranno obbligati i sindaci e revisori in caso di imprese che presentano situazioni di squilibrio economico, patrimoniale e finanziario o di rischio di continuità aziendale, dettate dalla presenza di indicatori e indici (leggasi art. 13) non coerenti e corretti, così come definiti anche al Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili.
Quanto alle denunce esterne (art. 15) si tratta, invece, delle segnalazioni obbligatorie che creditori pubblici, quali Agenzia delle Entrate, Inps e agente della riscossione, dovranno eseguire per le imprese che abbiano superato determinate soglie di debiti scaduti per Iva, contributi e imposte iscritte a ruolo, secondo i limiti fissati proprio dall’art. 15 Ccii.
Sempre nell’ottica di un differimento dell’entrata in vigore del nuovo corpus vale ricordare un codicillo nel Milleproroghe 2020 (ante COVID 19) a mente del quale si sarebbe differita l’entrata in vigore della norma che ha imposto la figura del revisore unico prevedendo che le S.r.l. potranno nominare il revisore in sede di approvazione del bilancio del 2019, quindi entro il 29 aprile 2020 (ovvero entro i 180 giorni previsti per le particolari esigenze previste dall’art. 2364 bis del Codice Civile, che peraltro rimanda all’articolo 2364).
Ovviamente il termine del 29 aprile, anzi, più correttamente i 180 giorni che decorrono da tale data, viene nei fatti travolto dal D.L. 18/2020 del 17.03.2020 (in GU Serie Generale n.70 del 17-03-2020) il quale ha dettato specifiche disposizioni relative alle assemblee e alle decisioni dei soci per le società obbligate ad approvare il bilancio di esercizio dell’anno 2019, attribuendo la facoltà di convocare l’assemblea ordinaria entro il termine di 180 giorni (invece di 120 giorni) dalla chiusura dell’esercizio sociale senza alcun bisogno di motivazione.
A questo punto assolutamente legittimo è l’interrogativo circa l’opportunità di far entrare in vigore un codice mutilato nella parte delle cosiddette “misure di allerta” evidentemente prodromiche a leggere lo stato di crisi, lasciando pienamente operative le penalizzanti e restrittive regole in tema di accordi di ristrutturazione e di concordato preventivo.
È la contingente condizione economico sociale che lo richiede, è l’attuale produzione normativa che lo impone, il termine del 15 agosto 2020 dovrà essere differito o, cosa assai auspicabile, l’intero impianto normativo dovrà essere rivisto alla luce delle mutate condizioni politico – economiche.
Oggi più che mai è assolutamente necessario raggiungere un contemperamento tra le due diverse letture del nuovo Codice della crisi che si contrappongono:
– da una parte quella (che ritiene di doversi occupare di legalità intesa quale pedissequa ed impersonale applicazione di norme cogenti) di chi tende a vedere nel Codice il miglior rimedio atto a favorire il disvelamento della crisi aziendale con la conseguenza di pervenire ad una minore dispersione della ricchezza, così restituendo alle norme in subiecta materia i crismi dell’utilità sociale;
– dall’altra quella di chi pone al centro dell’attenzione il funzionamento del nostro sistema produttivo che teme la pervasività delle misure di allerta e, soprattutto, reputa eccessivamente restrittive e penalizzanti le regole in tema di accordi di ristrutturazione e concordato preventivo.
Solo l’equilibrio delle due diverse interpretazioni del Codice della Crisi, opportunamente lette alla luce del contingente e mutevole status quo, potrà nei prossimi anni garantire il giusto bilanciamento tra le esigenze dell’impresa e quelle del rispetto della legalità.
Michele Rubino