“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino senza danneggiare la collettività e venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. (…) È l’invasione degli imbecilli. (…) La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità”. Così diceva Umberto Eco in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Comunicazione e Cultura dei media all’Università degli Studi di Torino.
Ed infatti, un tema all’ordine del giorno che ci coinvolge da vicino, specie noi professionisti ed esercenti professioni intellettuali, è la forte ignoranza di cui siamo testimoni ogni volta che apriamo i principali social network.
Apparentemente la cosa potrebbe creare ilarità, ma il problema è più grave di quanto sembri, soprattutto quando si ha a che fare con persone che non si rendono conto di essere portatrici di ignoranza divulgata pubblicamente e senza alcun freno inibitorio.
‹‹Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza›› (Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno XXVI, 119-120).
A questo punto, possiamo chiederci: ma perché l’ignoranza dilaga in particolar modo sui social network?
Certamente perché molti tendono a sopravalutarsi credendo di sapere, ma in realtà non sanno alcunché non possedendo le richieste competenze anzi, del poco che sanno, non ne hanno nemmeno reale consapevolezza perché, appunto, si sopravalutano.
Un’ignoranza dell’ignoranza dunque: ciò è visibile soprattutto nei commenti di Facebook ed Instagram, dove spesso, coloro che intervengono in conversazioni o discussioni, sono convinti dei loro saperi, acquisiti non per titolo ma per il sentito dire o letto qua e là, e lo fanno non per avere una conversazione o uno scambio equo di opinioni, ma per consolidare ulteriormente il proprio pensiero ed il proprio ego, perché sui social network chiunque ha la facoltà di parola (basta crearsi un profilo), ma non tutti sono perfettamente a conoscenza di ciò che dicono.
Il libero arbitrio e la libertà di pensiero sono certamente principi imprescindibili e cardine del nostro ordinamento e di quelli moderni, ma bisogna avere anche un minimo di buon senso per usarli e, soprattutto, una certa cognizione di causa prima di parlare a padronanza dell’argomento in questione. Altrimenti, meglio tacere con eleganza altrimenti si perde una occasione per stare zitti!
L’evoluzione tecnologica che ha prodotto i social network ci ha proiettati in un mondo ormai iper – connesso. Purtroppo però queste tecnologie, se non supportate da una forte presa di coscienza e conoscenza, possono generare dei mostri.
Internet e social network sono delle piattaforme in cui circolano milioni di informazioni, informazioni talvolta difficili da interpretare se non si hanno conoscenze pregresse, informazioni di cui non si riesce molto spesso a reperire la fonte, al fine di poterne verificare la fondatezza.
Il rischio è che le fake news prendano il sopravvento e, guarda caso, coloro che prendono per vere le fake news sono proprio quelli che non hanno le conoscenze tecniche richieste e, inoltre, non hanno nemmeno gli strumenti adeguati per analizzare e capire le informazioni circolanti, non riuscendo, pertanto, a distinguere il vero dal falso.
L’utente medio dei social peraltro è oggettivamente poco preparato culturalmente e tecnicamente oltre ad essere sempre più pigro nel momento in cui cerca le risposte alle proprie domande sul web piuttosto che sui manuali o dagli esperti. Ed infatti, invece di verificare la fondatezza di una notizia – che costa fatica – si preferisce prenderla per buona senza preoccuparsi di verificarla.
Questo approccio alla informazione tuttavia, in certi casi, ha pervaso anche noi professionisti che formalmente dovremmo già possedere le competenze tecniche, ma che di fatto cerchiamo di compensare le nostre lacune non attraverso lo studio, bensì o attraverso il web o chiedendo in giro in giro ad altri che fanno lo stesso mestiere. Come si fa!!!!
Il web ed il bisogno di ricevere risposta alle proprie domande come se si fosse ad un quiz e si chiedesse l’aiutino da casa, ha pervaso proprio tutti. Ed è proprio così che si diffonde la cultura dell’ignoranza anche sul web. Ignoranza che genera ignoranza.
Il livello culturale della società peraltro si sta notevolmente abbassando. I social network, dunque, hanno permesso a tutti (ma proprio a tutti) di dire la propria. Così chi è più ignorante parla e dice la sua su tutto, proprio perché è così ignorante da non capire – tantomeno ammettere – di non sapere (cogito ergo sum di cartesiana memoria).
Schiere e schiere di tuttologi si aggirano sul web senza alcun titolo di studio e, così, ci stiamo proiettando in una stagione di moderna decadenza. Sembra un nuovo medioevo, solo più tecnologico. Terrapiattisti, No Vax e chi più ne ha più ne metta. Se venti anni fa qualcuno avesse provato a dire che la terra fosse piatta o che i bambini non andassero vaccinati sarebbe stato messo alla gogna e umiliato pubblicamente. Invece oggi qualsiasi idiozia, sparata sul web, trova legittimazione e “cittadinanza”. Ci sarà sempre, pertanto, un idiota ancora più idiota pronto a dire la sua, a sostenere, cioè, tutto e il contrario di tutto e a dare forza a tali idiozie.
Ma la cosa che fa veramente paura è che, mentre esiste una massa informe di utenti del web, pigri, drogati di social, carne da macello pronta a credere a ogni bufala, dall’altra esistono dei gruppi organizzati che diffondono fake news in maniera scientifica per trarne profitto economico o, cosa ancora più grave, vantaggi in termini di consenso di vario genere, da quello politico a quello social (gli influencer).
Perché mai sui social media l’uomo comune (non competente e senza alcun titolo) si trasforma immediatamente o in un ingegnere o in un medico o in un avvocato (a seconda della notizia che si deve andare a commentare), senza avere la minima preparazione tecnica? Ma soprattutto, perché l’opinione dei medici, degli ingegneri, degli avvocati e di ogni altro esperto, non viene più rispettata?
In molti sembrano dare la colpa ai populisti o ai social media. La verità è che, probabilmente, questi sono solo due dei fattori, certamente importanti, ma che si inseriscono in un trend che ha radici più antiche e profonde.
L’avvento dei social media e il loro crescente utilizzo ha avuto certamente un impatto enorme sulle nostre società e ha accelerato, nei fatti, la transizione verso una società orizzontale. Non esiste più, infatti, alcuna autorità intesa come persona tecnicamente preparata sulla materia la cui opinione deve essere considerata più valida della propria se non altro perché non si è formata sul web – attraverso la solita ricerca su google – bensì attraverso anni ed anni di studio in materia.
Tutti credono di sapere tutto, formulano teorie su qualsiasi argomento perché magari hanno fatto una ricerca su google pur non avendo assolutamente le competenze richieste e ci si ritrova, purtroppo, di fronte ormai ad una superficialità dilagante che sta assumendo tratti sempre più aggressivi.
I social network ed il web ci danno l’illusone di sapere, ma in realtà ci stanno facendo divenire dei WEB- EBETI!
Eugenia Acquafredda