Non exiguum temporis habemus, sed multum perdidimus. Non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne sprechiamo molto. (Lucio Anneo Seneca)
Fino a poco tempo fa le nostre vite scorrevano velocemente, tutti sempre di corsa, tutti sempre indaffarati, tutti padroni del tempo come se non ci fosse un domani.
Poi è arrivata la bestia nera, un virus che ha fermato il mondo e il tempo e nel suo proliferare ci ha costretto a rallentare fino a fermarci completamente. Ed è stato allora che abbiamo iniziato a soffermarci sulle nostre esistenze, a cambiare prospettiva, a comprendere che tutto può mutare improvvisamente annullando tutti i nostri progetti; abbiamo cominciato a riconsiderare la nozione del tempo, ci siamo soffermati sulla bellezza della natura, abbiamo osservato come in primavera tutto ritorna a fiorire, abbiamo iniziato a prenderci cura della nostra salute, restando in casa per limitare il contagio.
I più giovani hanno cominciato ad apprezzare l’importanza della scuola, a sentire la necessità della condivisione di spazi, di idee, ma non hanno mollato e se anche si sono ritrovati, improvvisamente, isolati dai loro amici, costretti ad abbandonare i propri interessi, hanno mostrato tanta pazienza e hanno compreso il pericolo. A volte sono stati anche più disciplinati e coraggiosi di noi, insegnandoci che il rispetto per la vita va oltre le uscite con gli amici, gli apericena, la discoteca, mostrando una maturità di cui forse non eravamo consapevoli.
Abbiamo riscoperto il piacere della vita di quartiere, la fortuna (perché è tale) di trascorrere più tempo in famiglia, di cucinare insieme ai nostri cari, di guardare un film tutti insieme, di dedicarci al bricolage, alla musica, a tutto ciò che, per mancanza di tempo, avevamo trascurato. Abbiamo dedicato più tempo ai nostri anziani, siamo stati più attenti alle loro necessità e ci siamo occupati di loro molto più che in passato, quando non avevamo mai tempo…
Abbiamo mostrato una vicinanza ed una solidarietà che avevamo dimenticato, ci siamo aiutati l’uno con l’altro, abbiamo pregato, cantato e ballato sui balconi per sconfiggere la paura e darci coraggio; abbiamo pianto di fronte a centinaia di bare trasportate sui carri armati, come se quelle bare contenessero i nostri cari; abbiamo sconfitto la “barriera” tra Nord e Sud perchè ci siamo sentiti tutti figli di un’unica bandiera.
E abbiamo imparato a rivalutare chi si è adoperato senza sosta in questa emergenza, rimettendoci anche la vita: medici ed operatori sanitari che, spesso sono bistrattati e che ora chiamiamo “angeli”, “eroi”, ma essi non vogliono essere chiamati così, vogliono solo che questa nuova dignità e consapevolezza resti nei nostri cuori anche dopo.
Abbiamo compreso come la nostra professione sia svilita e poco considerata, che la nostra dedizione, preparazione, funzione sociale valgono soltanto 600 euro e che, comunque, “l’obolo” non è per tutti, ma solo per alcuni, in base a criteri alquanto bizzarri e nonostante la “toga sia nel cuore” di tutti noi.
Abbiamo messo da parte le diversità culturali e di razza, perchè tutti, anche coloro che abbiamo sempre etichettato come “stranieri” si sono ritrovati a salvare vite umane, a far volontariato, a morire per i fratelli italiani. E abbiamo ricevuto il sostegno di quei Paesi meno fortunati che, negli anni, l’Italia ha aiutato e che, in alcuni casi, hanno offerto le proprie risorse economiche ed umane, a differenza di altri Paesi più potenti.
Abbiamo imparato a rispettare le regole, a fare le file ordinatamente fuori ai negozi, a restare chiusi in casa anche durante le festività pasquali per il bene di tutti, a rinunciare ad incontrare parenti ed amici, ma soprattutto a rinunciare alla nostra libertà e ad apprezzarla molto più di prima.
Abbiamo compreso come la natura avesse bisogno di pace e di ritrovare i propri spazi; ora il cielo sembra più terso, la vegetazione è più rigogliosa, l’aria più pulita e forse nulla è accaduto per caso.
Ma, soprattutto, abbiamo imparato l’importanza di un abbraccio, di una carezza, di un bacio e di tutti quei gesti affettuosi di cui oggi sentiamo un immenso bisogno perchè sono forme di amore e l’amore è vita ed in questo momento è di amore e di vita che abbiamo tutti un’ impellente necessità.
E faccio mio il motto della fenice: “Post fata resurgo”, soprattutto dopo questa grande lezione di vita!
Antonella Labianca