Protocollo Zeus

Tutti noi, in questi giorni, stiamo vivendo un momento molto difficile e stressante dovuto al lockdown per contenere la diffusione da coronavirus; è innegabile quindi che tale situazione stia comportando anche effetti negativi nelle relazioni familiari e/o di coppia, portando spesso le persone che vivono nello stesso contesto familiare, a litigare anche per cose futili. Nonostante ciò, tali dissensi rimangono isolati e contenuti, in quanto l’ambiente in cui si presentano, risulta essere sereno e le relazioni abbastanza equilibrate; in ambienti ostili invece, dove già prima della reclusione forzata vi erano episodi di violenza domestica, i fenomeni di aggressioni fisiche e psicologiche verso le donne – soprattutto da parte del convivente/marito/fidanzato con cui si condivide l’ambiente domestico – sono aumentati in maniera preoccupante.

In questi giorni infatti, i fatti di cronaca hanno riportato spesso notizie di violenze domestiche, come l’agghiacciante storia di un uomo di 45 anni che è stato arrestato dalle forze dell’ordine dopo che era diventato virale sui social il video in cui picchiava selvaggiamente la convivente di 23 anni in strada, nel quartiere Libertà della città di Bari o ancora, il caso accaduto nel milanese che vede coinvolto un 49enne che ha ucciso la compagna coetanea a colpi di fucile a pompa per futili motivi di gelosia e poi si è costituito volontariamente alle forze dell’ordine.

I dati raccolti da D.i.re (Donne in Rete contro la violenza) sono sconcertanti: le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza D.i.Re sono aumentate del 74,5% rispetto alla media statistica rilevata nel 2018 e che dal 2 marzo al 5 aprile 2020, 2.867 donne hanno chiesto di essere accolte nei centri antiviolenza D.i.Re, di cui 806 (28%) non si erano mai rivolte prima a tali strutture. Da come si evince dai dati, la situazione in Italia è piuttosto drammatica, ma purtroppo non mancano anche fatti di cronaca derivanti dall’estero, come quello successo a Buenos Aires in Argentina, ove una donna di 25 anni era stata ricoverata perché, in prima battuta sembrava avesse i sintomi dovuti al coronavirus; successivamente, a seguito del decesso della ragazza, i medici hanno voluto approfondire la natura delle lesioni presenti sul corpo, portandoli ad ipotizzare un caso di femminicidio e a far scattare l’arresto del compagno della donna con cui la stessa conviveva.

Il comitato direttivo dell’associazione La forza delle donne, presieduta dall’avv. Krizia Colaianni ha analizzato in concreto come sia possibile intervenire in via anticipata. E chiede che venga preso in considerazione il protocollo Zeus a livello nazionale. Ma vediamo cos’è.

Il Protocollo Zeus, nato il 5 aprile dello scorso anno, è stato da poco rinnovato fino a fine 2022 e affronta la piaga della violenza di genere da un punto di vista innovativo: punta a bloccare le recidive degli episodi di violenza sul nascere, quando ancora non sono caduti nella fattispecie del reato penale intervenendo direttamente sul maltrattante fermandolo, sottolineando il disvalore sociale delle sue condotte, rieducandolo e riabilitandolo. Dietro a questa scommessa ci sono la volontà e la tenacia di Alessandra Simone, a capo della divisione anticrimine della Questura di Milano, che tra le varie competenze ha anche quella dei maltrattamenti in famiglia e minori, che ha ideato il progetto nel 2018. “Perché – ci spiega – per interrompere il ciclo della violenza bisogna evitare l’escalation, le recidive. E’ possibile intervenire prima”. Il protocollo Zeus punta a bloccare le recidive degli episodi di violenza sul nascere, quando ancora non sono caduti nella fattispecie del reato penale intervenendo direttamente sul maltrattante fermandolo, sottolineando il disvalore sociale delle sue condotte, rieducandolo e riabilitandolo. Si tratta di un istituto di diritto amministrativo previsto dalla legge per violenza domestica e stalking. Noti bene che la normativa italiana è una delle poche a prevederlo. Sarebbe una grande opportunità a livello nazionale.

Krizia Colaianni 

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