Sentiamo quotidianamente parlare di smart working, di necessità di limitare gli accessi agli uffici, di DID, di DAD ecc. eppure – così facendo – non si è data veramente voce a coloro che hanno dovuto affrontare questo cambiamento chi nel lavoro e chi nell’ambito della istruzione.
Inizialmente e correttamente si è pensato e si è deciso fosse la cosa migliore chiudere uffici, scuole, ospedali (il numero sui di contagi, sui morti e sui malati non davano scampo), ma l’elemento che è stato trascurato è che, oltre a mietere vittime, il Covid-19 ha sciolto tutte quelle relazioni cardini, tra gli adolescenti a scuola e tra i colleghi al lavoro come nell’ambito delle relazioni sociali.
E’ venuto a mancare, infatti, quello scambio di sorrisi, quei confronti che solo in un contesto lavorativo e sociale potevi e puoi trovare.
Il luogo di lavoro non è solo un posto noioso, ma è luogo di incontro e confronto e, soprattutto, è un contenitore di esperienze.
Durante le ore di lavoro in presenza e a contatto con gli altri, non impariamo o approfondiamo soltanto nozioni, ma impariamo a vivere e a diventare delle donne e degli uomini migliori in grado di affrontare meglio le numerose vicissitudini della vita anche lavorativa.
Trovavo e trovo assurdo e aberrante pensare di fare tutto questo di fronte allo schermo di un computer o di un telefono, sottintendere emozioni vere e sincere con delle banali emoticons e sostituire il volto allegro dei miei colleghi con un display nero e impenetrabile.
Potremmo mai parlare di legami umani e rapporti sociali, rimanendo comodamente chiusi nella nostra stanza, interfacciandoci con un mondo artificioso e finto come quello della rete?
Di fronte alla privazione di questi momenti si è preferito andare in letargo, assopirci silenziosamente e adagiarci comodamente nelle nostre tane, confidando nel tempo e nella speranza di vedere presto sconfitto questo nemico tanto incontrollabile quanto invisibile e imprevedibile.
Per gli studenti la situazione è stata ancora più complessa.
Le ore di lezione sono state drasticamente ridotte a causa – a volte – anche di problemi tecnici reali o appositamente orditi; alunni con gravi insufficienze sono riusciti a recuperare l’anno scolastico assistendo semplicemente alle lezioni online; gli insegnanti hanno perso il controllo sugli studenti, i quali affetti più da immaturità che da un virus, talvolta preferivano dormire che assistere alle spiegazioni; molti programmi non sono stati completati e non è stato più possibile valutare le reali competenze assunte. Il danno più ingente è stato inflitto proprio a quegli studenti che hanno preferito approfittare di questa situazione recuperando il sonno perso, essendo consapevoli che al loro risveglio avrebbero avuto una promozione assicurata, ma anche una prospettiva del domani poco rassicurante.
L’augurio è che presto si torni a svolgere le lezioni in presenza e che i lavoratori (nel senso più ampio del termine) possano ritrovare il piacere di incontrare di nuovo i propri colleghi – anche quelli meno simpatici o con cui si va meno d’accordo – ed il gusto di prendere un caffè insieme o condividere un pasto durante la pausa pranzo.
Piccole cose che ci restituiscano quel senso di quotidianità a cui tutti presto vogliamo tornare perché ne abbiamo bisogno.
Speriamo che lo smart working non diventi la nuova frontiera del mondo del lavoro, perché altrimenti da quel letargo in cui stiamo cadendo potremmo non svegliarci più.
Noi ci siamo!
Eugenia Acquafredda