Come un anno fa, “l’attuale situazione epidemica – rilevano i magistrati -non differisce molto da quella di un anno fa ed è semmai aggravata dal fatto che la diffusione del virus ed il livello di saturazione degli ospedali colpiscono oggi drammaticamente tutto il territorio italiano. Tuttavia, mentre un anno fa era stata disposta la temporanea sospensione dell’attività giudiziaria (ad eccezione di poche tipologie di procedimenti urgenti), attualmente negli uffici giudiziari di tutta Italia si continua a lavorare con le stesse modalità e con gli stessi ritmi del periodo antecedente la pandemia, con l’unico precario e insoddisfacente meccanismo di cautela costituito dalla disciplina emergenziale, che peraltro, seppure limitata ad alcune attività processuali e sostanzialmente insufficiente soprattutto per il settore penale, non risulta neppure prorogata benché ne sia prossima la scadenza”. Come il problema della vaccinazione dei componenti del comparto giustizia, nel quale non viene affatto menzionata la categoria degli avvocati, deducendo che Il Governo considera il servizio giustizia con carattere di minore priorità rispetto ad altri servizi essenziali già sottoposti a vaccinazione, tanto da non ritenere doveroso rafforzare le condizioni che ne consentano la prosecuzione senza l’esposizione a pericolo per gli operatori: una decisione, questa, che, oltre a destare disagio e sconcerto per la totale sottovalutazione dell’essenziale ed improcrastinabile servizio giustizia, appare in assoluta antitesi con gli obiettivi di riduzione dei tempi dei processi imposti dall’Unione Europea e richiamati dalla ministra Cartabia nelle linee programmatiche esposte recentemente al Parlamento.
Il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, nostro egregio collega conterraneo (che di problematiche territoriali ne conosce…) ha espresso comprensione per le ragioni delle toghe. “La preoccupazione espressa da magistrati, avvocati e personale rispetto ai rischi di contagio negli uffici giudiziari è comprensibile e legittima”, ha affermato, “in questa scia, non posso che assicurare e confermare che il servizio giustizia certamente non è da meno rispetto ad altri servizi essenziali”. “La situazione di chi lavora nel settore giudiziario merita un urgente e utile approfondimento, che mi impegno a sollecitare, affinché l’emergenza pandemica, che già si è trasformata in emergenza economica, non diventi anche una catastrofe per l’amministrazione della giustizia”.
Ho una notizia per il collega: la catastrofe è già in atto, con un viaggio senza ritorno.
Lo vedi nella riaperture dei tribunali procrastinata e mai effettuata. I tempi si allungano irrimediabilmente e non si affaccia una reale possibilità di favorire, almeno per il momento, la vaccinazione per gli avvocati. Gli avvocati vaccinati non sono una priorità.
Il paradosso lo si nota, ad esempio, nel legittimo impedimento a presenziare alle udienze, viste la oggettiva possibilità di contagio….
Il Governo sembra essersi dimenticato di tutti quei lavoratori autonomi, quali gli avvocati e soprattutto i giovani, che, oltre a rischiare ulteriori perdite economiche a causa di una forzata inattività, avrebbero ulteriori difficoltà a svolgere il proprio ruolo difensivo per l’impossibilità di presenziare alle udienze, non trattandosi di fattispecie espressamente rientrante nel c.d. legittimo impedimento.
La questione emerge con tutta la sua prepotenza in un periodo così difficile come quello che stiamo vivendo, giacché solo a parole i giudici concedono il legittimo impedimento, nei fatti siamo costretti ad assistere al rigetto della maggior parte delle motivazioni, se consideriamo che almeno in ambito penale, le uniche motivazioni concesse sono la contemporaneità delle udienze nello stesso giorno ed ora nonché, nel caso delle avvocate, essere negli ultimi due mesi di gravidanza. Eppure, recita l’art. 420-ter del c.p.p. che “il difensore deve provare con idonea documentazione la sussistenza dell’impedimento, indicandone la patologia ed i profili ostativi alla personale comparizione. L’impedimento deve essere giustificato da circostanze improvvise e assolutamente imprevedibili, tali da impedire anche la tempestiva nomina di un sostituto che possa essere sufficientemente edotto circa la vicenda in questione”. Parliamo di ben poca cosa, considerando con quale celerità sono sopravvenute disposizioni restrittive della circolazione, sia a livello nazionale che locale.
Immaginiamo il provvedimento con cui il presidente Draghi l’11 marzo disponeva la chiusura delle scuole ed il conseguenziale obbligo della DAD per tutti gli studenti. Immaginiamo quanto questo provvedimento abbia plausibilmente inciso sull’attività di quegli avvocati e improvvisamente costretti a seguire il proprio figlio con l’impossibilità di recarsi in udienza. Un impedimento questo, che al momento non viene considerato poiché non ritenuto causa valida dell’assenza ad un’udienza.
Le difficoltà che in particolare la donna avvocato incontra nel coordinare la propria attività con la gestione gestione scolastica dei figli, in assenza dell’altro genitore, è sotto gli occhi di tutti .
Viene da pensare come la nostra categoria ipso facto sia subordinata al giudizio del giudice, che non è insindacabile, ma attenzione, è pur sempre di quel giudice che però ha avuto la forza e “la strada” per manifestare il proprio disagio sul piano nazionale.
È inaccettabile il perdurare dell’assenza di una specifica norma che regolamenti il legittimo impedimento degli avvocati per l’attuale emergenza sanitaria, con la grave ulteriore conseguenza che la concessione di rinvii di udienza per comprovate ragioni sanitarie e di pubblica sicurezza rientri, nonostante la permanenza dei contagi, nella mera discrezionalità del singolo magistrato, nonostante la difficoltà di nomina, nel caso di specie, di un sostituto processuale”. Come denuncia giustamente Aiga, urge una norma ad hoc per il legittimo impedimento.
Purtroppo siamo i sopravvissuti ad (ed in) un sistema che ci sfida a resistere.
Nel nostro foro giudiziario abbiamo l’urgenza connessa con la creazione del nuovo polo della giustizia e la necessità che il governo non procrastini ulteriormente la presa di coscienza circa la nostra assoluta necessità di lavorare in un’unica location e che le nostre istanze emergano finalmente con il rigore che la nostra categoria merita.
Siamo all’avvocatura 3.0. , ove la mannaia per l’avvocato viene servita proprio ora ed è pronta…
Siamo avvocati, abbiamo studiato per affrontare un vulnus alla regola, imbastire una difesa, fare affermare un diritto. Essere liberi professionisti oggi sta portando ad una ordinaria precarietà economica, ma mai come ora dovremmo riuscire a trovare la forza per far sentire maggiormente la nostra voce.
Prima di essere avvocati, però ed appunto, siamo persone. Quindi il timore per la nostra salute, la preoccupazione per il proseguo sono variabili aggiuntive di oggi che dobbiamo considerare e saper gestire perché condizionano il nostro agire attuale e la prospettiva per il nostro futuro professionale.
Barbara De Lorenzis