A qualcuno piace giocare a poker perché è un gioco intrigante, per persone che amano sentire l’ebbrezza che dà l’adrenalina, perché è un gioco che riunisce. È un gioco in cui chi si diletta ad osservare i tic dei giocatori, è il massimo.
Al tavolo da gioco capisci tante cose ed impari a riconoscere chi bluffa e chi è un provetto (o, quanto meno, intelligente) giocatore. Ed il giocatore (provetto ed intelligente) sa che il bluff può portare ad una sonora mazzata che lo lascerà letteralmente in mutande.
Il poker è, a tutti gli effetti, una metafora della vita e della politica: o ci sai giocare o rischi di farti molto male.
In politica, basta guardarsi intorno prima di intraprendere un cammino che può portarti in alto o può annientarti. E la responsabilità è sempre grande quando dici di rappresentare tante associazioni.
Regola fondamentale è quella di (ri)conoscere chi bluffa da chi ha “i punti” in mano.
Chi bluffa, di solito, è “un riccio vacante”, un vuoto a perdere, un avventuriero portato a distruggersi.
I programmi non si fanno con chi ti deve fregare e con chi ha, in passato, provato a farlo. E, soprattutto, non li si fa con chi non ha i numeri.
Una accozzaglia di “numeri” non è, da sola, una forza credibile. Ed allora è meglio diffidare di chi bluffa; rischia di farti rimanere in mutande.
P. S. I progetti si costruiscono con serietà e non lasciando tutto al caso. Il principio “uno vale uno” si è dimostrato fallace e chi vuole continuare a seguirlo, lo fa perché vuole fregare il “compagno di merende”.
Nicola Zanni
Presidente di Futuro@Forense