A pochi giorni dalle immeritate ferie estive la mia devastata mente è stata attratta da un simpatico quanto polemico intervento del mio ottimo Amico Zanni, il quale dalle pagine del giornale che pazientemente ospita le mie facezie, si interroga sul valore etico della cortigianeria.
In verità il mio Amico ricorre ad un lessico più sincero per descrivere una condizione psicologica assai comune, sebbene declinata in plurimi rivoli.
Ad ogni buon conto, complice i primi temporali estivi, mi sono trovato a riflettere (parola assai impegnativa) sul valore etico dell’adulazione.
Solo per offrire un barlume di coerenza logica in quello che andrò ad esporre, devo precisare, e tanto a mio insindacabile e superiore pensiero, che “lecchino” ed “adulatore” non sono facce della stessa medaglia.
Il “lecchino” è disarmante nel suo essere spregevolmente servile ed ossequioso. La prossemica non lascia spazio ad una diversa lettura, postura ignobilmente inclinata verso il potente, sguardo in perenne adorazione sempre pronto a mostrare accondiscendenza attraverso il capo in perenne movimento.
Se il “lecchino” avesse la coda scodinzolerebbe ad ogni gesto del suo dio. A pensarci bene, egli è il corrispondente umano del cane di peluches che muove la testa (i più anziani ricorderanno quell’ignobile orpello posto ad adornare cappelliere di auto proletarie, ma questa è altra storia).
Restituita dignità al lecchino, occorre soffermarsi sul diverso personaggio che è l’adulatore.
Sia chiaro una volta per tutte, l’adulatore è subdolo e meschino. Il suo essere vile lo porta ad una infedeltà innata.
Mentre il “lecchino” venera, l’”adulatore” manipola gratificando l’adulato.
Certo quella dell’”adulatore” è una condotta manipolativa che fa leva sul naturale desiderio di consenso.
Qui la questione diviene più complessa posto che l’equilibrio tra la consapevolezza di essere destinatari delle attenzioni e delle altrui lusinghe ed il piacere che si prova nell’essere adulati è assai precario.
L’adulatore è facilmente smascherabile in quanto non riuscirà a celare il proprio interesse personale.
Tuttavia il rapporto “adultore” ed “adulato” si complica quando il livello di autostima dell’ ”adulato” è assai modesto e le lusinghe rappresentano ossigeno per i pochi neuroni presenti nel cervello del “fesso di turno”.
L’adulazione manipolativa è una realtà riconosciuta dalla psicologia la quale appresta la cura in capo all’adulato (“fesso di turno”) e non certamente per l’adulatore.
A questo punto, miei anonimi lettori, confessate al Vs insetto preferito a quale categoria appartenete.
Siete “lecchini” o “adulatori” ? (tertium non datur)
Vi consegno dei versi del poeta Trilussa (tratti dalla poesia disinteresse) affinché le parole del fine dicitore possano essere utile viatico per una migliore riuscita di sé stessi.
Disse un Porco a la Quercia: – “Tu sei grande,
forte e potente! È tanto che t’ammiro!”
– “Lo so, – rispose lei con un sospiro,
– è un pezzo che t’ingrassi co’ le ghiande!”.
Fidatevi, Io sono
il Grillo