E’ proprio così, comunque la si metta. Con la violenza si esprime il disagio, il dissenso, la paura, l’opposizione verso chi ci governa anzi, a volte – e la storia lo ha dimostrato – è il tentativo di creare e di organizzare un antistato e, anche per questo, la violenza non è e non può essere mai espressione di libertà.
Lo abbiamo visto ieri attraverso immagini agghiaccianti di giovani in jeans che picchiano giovani in divisa e viceversa; lo abbiamo visto nel lancio di sassi e nei saccheggi dei negozi e, cosa davvero vergognosa, nell’assalto ad un pronto soccorso.
Immagini che aprono tanti scenari specie sui soggetti che commettono tali violenze, i quali molto spesso e volutamente si infiltrano tra coloro che pacificamente vogliono manifestare ed esercitare un diritto costituzionalmente garantito per creare disordini e guerriglia.
Cosa c’entra con tutto ciò la libertà? Il diritto alla libertà è innanzitutto il diritto all’espressione e alla partecipazione alla vita sociale.
Diceva Giorgio Gaber che “la libertà non è star sopra un albero, non è neanche avere un’opinione. La libertà non è uno spazio libero. Libertà è partecipazione”.
Ma le vie della violenza sono davvero infinite: da quella fisica, la più comune, a quella verbale, non meno grave a mio avviso e, da qualche tempo a questa parte, anche la violenza politica.
Nella nostra società, alle prese con una crisi strutturale che colpisce soprattutto i giovani, è la violenza la cattiva maestra di una generazione che si sente perduta. Questo perché i violenti si avvalgono di pretesti capziosi facendo leva su sentimenti irrazionali e bisogni sociali latenti, tali da creare atteggiamenti ed atmosfere che possono sfociare nel fanatismo o condurre ad episodi violenti.
La violenza dunque è ingiusta, dovunque si generi. Anche nel web, dove la manifestazione di un’opinione legittima e legittimamente non condivisibile ha dato luogo e dà luogo oltre a tanti commenti critici, anche ad episodi di vera e propria violenza verbale.
Chi accusa (o offende) senza leggere tra le righe non può poi pretendere di avere ragione. Il diritto di manifestare va difeso e tutelato, anche da chi sfrutta queste occasioni per generare violente reazioni da parte delle forze dell’ordine, innescando una spirale per l’appunto di violenza, in cui si smarriscono le motivazioni della protesta e si finisce nella solita guerra in cui pochi, ma sempre troppi, da una parte e dall’altra, danno il peggio di sé.
Ci si deve scagliare contro questi gruppi organizzati di farabutti e criminali che si infilano tra le maglie di studenti e pacifisti veri, di lavoratori e disoccupati, di no vax e no green pass (per ciò che riguarda ieri) sfruttandone la rabbia per provocarne il conflitto.
Sono “persone” che non hanno niente a che vedere con il diritto al dissenso e che vengono molto spesso etichettate con epiteti di matrice politica e che, essendo per fortuna davvero un gruppo ristretto di persone (a qualunque idea o partito appartengano), possono essere benissimo individuate, circoscritte e ridimensionate.
Possiamo crederci o no, ma ieri hanno perso tutti: i manifestanti che non si sono ribellati alla presenza di questi meschini ed hanno lasciato che, di nuovo e per l’ennesima volta, rovinassero una giornata per l’affermazione delle proprie libertà contro una politica da essi considerata austera.
Così come hanno perso le autorità, le quali per arginare un fenomeno oramai consueto, ovvero di isolare tali facinorosi per tenere sotto controllo la situazione quando stava degenerando, hanno dovuto usare le maniere forti per forza di cose e non avendo altra scelta.
Certamente non si poteva e non si può restare fermi di fronte a tanta violenza ed uno Stato deve mettere necessariamente in campo tutti gli strumenti – a volte anche duri – per arginare certe manifestazioni di pensiero violente che comunque né rappresentano i manifestanti né a loro appartengono.
In molti, tra le istituzioni, dovranno rivedere qualcosa, affinché la protesta di una parte della popolazione trovi ascolto togliendo linfa alle ragioni dell’odio e non permettendo ad un gruppo più o meno organizzato di persone di limitare un diritto costituzionalmente garantito.
Se poi per manifestare si deve passare necessariamente per le vie della violenza allora davvero avremo perso il senso della democrazia.
Noi ci siamo!
Eugenia Acquafredda