Era il febbraio 1992, quando – alla vigilia delle elezioni Politiche che si sarebbero tenute nell’aprile successivo – il Dott. Mario Chiesa, Presidente dell’Opera Pia Trivulzio (Milano), fu arrestato mentre intascava una mazzetta di pochi milioni di Lire. Da quell’arresto prese il via una magnifica inchiesta, dal nome altamente simbolico (“Mani Pulite”) e che, per qualche anno, ha tenuto banco, nella cronaca (non solo giudiziaria, ma anche politica, nera e quotidiana) dell’Italia tutta. Alla TV venivano sciorinati i numeri degli avvisi di garanzia fatti recapitare agli indagati, nonché i nomi di quest’ultimi, in attesa che venissero fuori i nomi dei Grandi Colpevoli.
Le elezioni dell’aprile ’92 confermarono quelli che erano gli equilibri fino ad allora in essere: la mannaia di Mani Pulite non aveva ancora prodotto i suoi effetti che si videro, in tutto il loro splendore, nel ’93. E nel ’94 le elezioni videro trionfare una forza politica, guidata da un non – politico … ma questa è un’altra storia.
Fino alla nascita della epopea di Mani Pulite, la Magistratura non era ancora salita alla ribalta delle cronache e gli episodi precedenti Mani Pulite, ai più avevano dato l’impressione che questa fosse uno strumento di repressione nelle mani dello stato borghese, quasi supina ai voleri della Politica ed addomesticata a desiderata dei padroni. Nessun nome, per carità: ma ricordiamo tutti chi erano.
Dall’inizio della epopea, i giornalisti affollavano i corridoi della Procura di Milano, per avere notizie (quanto prima possibile) da Pubblici Ministeri che un po’ alla volta stavano uscendo dal loro ruolo di inquirenti e stavano diventando (sempre più velocemente) delle star televisive. Abbiamo bene in mente le carriere dei componenti il pool, uno dei quali – attualmente – pontifica sull’Avvocatura, sorvolando su quanto accade e quanto è emerso nella Magistratura (ma anche questo è un altro fatto).
In quel periodo, la gente, quella che quotidianamente si scontrava con le inerzie e le inettitudini del sistema (ma che – dobbiamo avere il coraggio di gridarlo forte – al sistema chiedeva qualcosa), stanca (forse!) dell’andazzo generale, in quei Magistrati cominciò a riporre la propria fiducia, come se questi dovessero scoperchiare un sistema che, nelle urne, non si aveva avuto il coraggio di cambiare. Eppure, in teoria, il voto, era (ed ancora oggi è) segreto.
E la Magistratura iniziò la propria avventura di timoniere verso altri lidi. La Magistratura come refugium peccatorum, come Robin Hood, come Salvatrice.
Dunque, da quel momento in poi, sorse la necessità di rendere accessibile a tutti l’operato della Magistratura, trasformando in show le inchieste (ovviamente, quelle che solleticano gli appetiti morbosi del pubblico), con l’allestimento di programmi di approfondimento, cui vengono invitati consulenti (non necessariamente di parte) i quali parlano.
Nel 2021, come è noto, fioccano denunzie e querele, anche per i più disparati motivi, con le Procure sull’orlo del collasso e che, molto spesso, danno seguito alla denunzia solo dopo parecchio tempo dal deposito delle querele.
E se questo è vero nella Giustizia penale, tuttavia, non si deve dimenticare che – talvolta (o spesso, dipende dai punti di vista) – il ricorso al Salvatore avviene anche nel civile, con ingolfamento dei ruoli e conseguente disagio degli Avvocati e degli assistiti (a fronte di atavica carenza di Magistrati): si pensi, ad esempio, che – al 21 Luglio 2021 – le cause iscritte a ruolo, presso il Tribunale di Bari, erano quasi 9.400, numeri da circo!
E’ ovvio che le problematiche sottese alla domanda di Giustizia sono le più varie e che, talvolta, l’assistito – pur compiutamente informato sulle potenziali conseguenze nefaste della sua azione – preferisce insistere “per una questione di principio” (salvo poi lamentarsi delle stesse conseguenze ed incolpare il proprio legale di un sonoro ceffone inferto dal ridetto terzo).
Il sistema sta collassando sotto i colpi di una continua domanda di Giustizia, è evidente: ma un paio di domande (in maniera molto tranquilla ed in tutta onestà) sarebbero da porsi.
La prima: perché questa voglia sfrenata di Magistratura, sembrando, il tutto, una volontà di delegare a terzi il compito di distruggere il sistema (giusto o sbagliato che sia, non è questo il problema), mentre nulla si fa per cambiarlo senza il ricorso a presenze messianiche?
La seconda: perché non ci si rende conto che, a lungo andare, questa volontà di delegare potrebbe stancare chi è tenuto a decidere, con le nefaste conseguenze di cui sopra?
Il sistema sta implodendo e la colpa è di tanti. La scelta è: continuare su questa strada o iniziare a farsi seriamente delle domande? E, soprattutto, vale ancora l’idea di delegare in bianco chi, domani, potrebbe sentirsi arbitro protagonista della partita?
Nicola Zanni
Direttore Editoriale di Futuro@Forense