Esprimo un personale punto di vista sul caso Massaro.
Non si tratta di una vittoria di genere, ci sono anche padri attinti da provvedimenti di decadenza dalla responsabilità genitoriale per il motivo speculare di ostacolare gli incontri madre-figli. Questa sentenza è una sconfitta del bambino che ha dovuto attendere i tempi della pronuncia della Cassazione per vedersi riconosciuto il diritto ad un ascolto necessario e adeguato che, se opportunamente disposto a suo tempo, avrebbe potuto offrire una lettura dei suoi bisogni in una dinamica volitiva sul suo rapporto col padre. Un tempo trascorso con conseguenze pregiudizievoli nella relazione genitori-figlio con pesanti ripercussioni sull’equilibrio emotivo di quest’ultimo.
Il nodo nevralgico, a mio avviso, è la valutazione sull’utilizzo di uno strumento di forte impatto nella vita di un minore (quale è la collocazione in una casa famiglia) come unico strumento per consentire la ripresa dei rapporti padre/madre-figlio.
La Corte di legittimità, riportandosi alla giurisprudenza della Cedu, ha richiamato il principio secondo cui nell’interesse superiore del minore va assicurato il rispetto del principio della bigenitorialità “da intendersi quale presenza dei genitori nella vita dei figli, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperazione nell’assistenza, educazione ed istruzione” (pag. 21 della sentenza). Ai fini della concreta tutela del diritto alla bigenitorialità (che è diritto del minore, prima ancora dei genitori!) la Corte ha precisato che sia possibile attuare una paziente ripresa dell’opera di assistenza psicologica al minore E CON L’ AUSPICABILE AUSILIO DEI DIFENSORI DELLE PARTI “che implichi anche una adeguata attività psicologica di sostegno alla madre volta a persuaderla dell’inizio di una significativa relazione del padre con il figlio nell’interesse di quest’ultimo, opera persuasiva che può essere agevolata dal venir meno della spada di Damocle costituita dal timore della recisione definitiva del rapporto del minore con la madre” (pag. 35 della sentenza).
Questo è il prezioso contributo che ci consegna la pronuncia della Corte: prima di utilizzare misure estreme in un ambito così delicato come quello delle relazioni familiari occorre utilizzare tutti gli strumenti necessari e opportuni per consentire ai figli minori di vivere concretamente il diritto alla bigenitorialità in via prioritaria. Trovo molto opportuno anche il riferimento alla necessità di un approccio collaborativo degli avvocati al fine di evitare la radicalizzazione del conflitto. Peccato non sia stato attraversato un percorso di mediazione familiare con possibilità di ascolto del minore, nella sentenza non vi è alcun riferimento sul punto.
Ricordo un input metaforico che la Ministra Cartabia ci ha offerto nel suo discorso sulla necessità di implementare l’utilizzo degli strumenti ADR quando ha affermato che “il conflitto risolto con il colpo di spada lascia sempre una cicatrice che fatica a risanarsi; il conflitto pazientemente ricomposto grazie all’opera di forme di risoluzione consensuale del conflitto ha un effetto rigenerativo”.
Lucia Legati*
*Avvocato del Foro di Bari
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