Inadempimento delle obbligazioni e difficoltà economiche

Sospeso l’avvocato che non paga canone di locazione e oneri condominiali.

L’inadempimento delle obbligazioni nei confronti dei terzi non è scriminato dalle difficoltà economiche in cui versa il professionista” (Consiglio Nazionale Forense, 13 Maggio ’22, n. 55).

Il Consiglio Nazionale Forense, Giudice d’appello della disciplina degli Avvocati, ha ribadito il concetto per cui l’inadempimento delle obbligazioni assunte da un avvocato, nei confronti di terzi, a prescindere dagli effetti che tale comportamento può avere, sul piano civilistico, assume rilevanza disciplinare in quanto violante gli artt. 9, c. 2, Codice Deontologico (“L’avvocato, anche al di fuori dell’attività professionale, deve osservare i doveri di probità, dignità e decoro, nella salvaguardia della propria reputazione e della immagine della professione forense”), 63, c. 1, Codice Deontologico (“L’avvocato, anche al di fuori dell’esercizio del suo ministero, deve comportarsi, nei rapporti interpersonali, in modo tale da non compromettere la dignità della professione e l’affidamento dei terzi) e 64, Codice Deontologico (“1. L’avvocato deve adempiere alle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi. 2. L’inadempimento ad obbligazioni estranee all’esercizio della professione assume carattere di illecito disciplinare quando, per modalità o gravità, sia tale da compromettere la dignità della professione e l’affidamento dei terzi”.

Tale recente sentenza, tuttavia, apre (o, meglio, dovrebbe aprire) le porte ad un dibattito circa gli inadempimenti indotti degli ultimi due anni, vale a dire, di quelli che (a torto o a ragione) si possono ritenere dirette conseguenze di una pandemia mondiale (il Covid 19) la quale ha decisamente sconvolto le economie mondiali, trascinando con sé anche le economie dei Professionisti italiani. Può, una crisi mondiale come quella del 2020 – 2022 (che sta manifestando i suoi nefandi effetti, anche sulle economie particolari dei singoli) diventare causa di esclusione di responsabilità (disciplinare e/o altro, non è questo il problema)? Oppure, sul solco della Giurisprudenza civilistica sul punto (secondo la quale l’inadempimento resta tale e, quindi, non è scusabile anche se è causato da situazioni estranee all’imprenditore), anche il Covid non può essere ritenuto causa di esclusione di responsabilità?

In Cassazione Penale 24/2/22, n. 19651, si legge chiaramente che “l’inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico (Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014)”. Dunque, se una obbligazione tributaria può non essere adempiuta per “porvi rimedio per cause indipendenti dalla volontà del debitore e che sfuggono al suo dominio finalistico”, perché tale esimente non vale anche in ambito civilistico (e, per quel poco – o molto – che può valere, anche in ambito previdenziale)?

Paradossalmente, la discussione nascente dalla citata Cass. Pen. N. 19651/22 – lungi dal riverberare i suoi effetti in ambito tributario ed in ambito penale – dovrebbe portare ad una discussione (possibilmente seria, anche in ambito civilistico e disciplinare).

Sicuramente il CDD competente (prima) ed il CNF, quale Giudice d’appello (poi) hanno avuto sotto mano, gli elementi per procedere all’esame ed alla comminazione di una sanzione disciplinare abbastanza dura (la sospensione dalla Professione) di chi ha commesso l’illecito contestato. E, al momento, non è dato sapere se il condannato in secondo grado ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza n. 55/22 e quale è stata la decisione del Giudice della legittimità.

Di sicuro, le due sentenze (quella del CNF e quella della Cassazione) hanno avuto il merito di portare alla attenzione generale (non si capisce, fino a che punto interessata alla questione, a questo punto) un problema che, dopo la pandemia, ha subito una radicale (e drammatica) trasformazione, al di là di quelli che i freddi numeri del rapporto Censis sulla Avvocatura dicono: la Avvocatura, soprattutto al Sud, non gode di buona salute. A questo punto (domanda provocatoria) vogliamo lasciare fare al mercato? Oppure vogliamo salvare anche le piccole realtà professionali?

Ai posteri l’ardua sentenza.

Noi la nostra scelta la abbiamo fatta ed abbiamo dimostrato che si può realizzare un altro modo di fare Avvocatura.

Nicola Zanni

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