L’avvocatura orizzontale

Sabato 8 ottobre 2022 si è chiuso a Lecce il XXXV Congresso Nazionale Forense a cui ho preso parte in qualità di componente dell’ufficio stampa dell’Associazione “Futuro Forense”, così affiancando le attività svolte dai colleghi delegati al Congresso, Nicola Zanni ed Eugenia Acquafredda. Sono stata partecipe dalla seconda giornata, nella quale si sono avvicendati molti interventi di colleghi provenienti dai più disparati Fori d’Italia, preannuncianti la mozione che il giorno dopo sarebbe stata portata all’attenzione dei delegati per la votazione della giornata finale.
La prima parte dei lavori ha riguardato la nomina dei membri dell’OCF. I nominativi . Prima facie, al di là delle valutazioni sui singoli, un dato incontrovertibile si è presentato ai miei occhi, e cioè che tra gli eletti ci fossero colleghi che vantano una molteplicità di cariche. Consiglieri dell’ordine, delegati congressuali, delegati di Cassa freschi di elezione, consiglieri di disciplina e ora delegati OCF. Rinunceranno a qualche poltrona per evitare incompatibilità? Ma non è questo il punto. Sempre gli stessi candidati hanno determinato il risultato della competizione elettorale candidando come capolista o ai primi posti soggetti catalizzatori di voti che però, di fatto, poi non occuperanno quel ruolo rinunciando in favore di altri usando il “favoso sistema staffetta”, finendo così per tradire in qualche modo il mandato elettorale ricevuto. Inoltre, tutto questo ha messo inesorabilmente in risalto l’assoluta assenza di alternative.
L’esito elettorale impone quindi una riflessione. Come taluni hanno avuto giustamente da obbiettare, dalle migliaia di Colleghi non riescono ad emergere figure tali da far emergere il tema, davvero pregnante, dell’impatto della crisi economica sugli avvocati e della estrema difficoltà di assolvere agli obblighi contributivi .
Ciò detto, sempre nel corso della seconda giornata, sono stata travolta dagli interventi dei colleghi che hanno affrontato in modo accorato l’annoso tema del riordino degli uffici e della situazione delle carceri. Ho avuto modo di constatare come il tema di discussione fosse la percezione dei temi quadro della giustizia da parte della stampa. L’intervento della giornalista dott.ssa Giulia Merlo, referente del giornale “Domani” è stato ahimè dirimente nello spiegare il valore attribuito alla sua cronistoria sulla situazione carceraria. Le carceri sono sovraffollate di detenuti ma carenti dei servizi più basilari come, ad esempio, l’acqua. Il racconto è stato inesorabilmente illuminante. La carenza cronica dei servizi carcerari ha ingenerato, com’è noto, gli inevitabili tafferugli tra i detenuti. Uno fra tutti, il più recente e preoccupante, è avvenuto poche settimane prima nel penitenziario di Santa Maria Capua a Vetere, che la stampa ha faticato a raccontare, tanto che, portandola in sede giudiziaria, la stessa appariva inverosimile. I giudici, chiamati a ragionare sulla bontà delle testimonianze rese dalla stampa, hanno acquisito pacificamente la versione, probabilmente sublimata, delle forze dell’ordine e degli operatori interni al sistema carcerario, mentre per avallare la cronistoria della stampa, hanno avuto la necessità di acquisire i video per comprendere che i tafferugli tra detenuti fossero realmente esistiti. Realtà che vengono alla luce.
Ma i tempi congressuali sono stati davvero tanti e vari. Meritevole di grande considerazione e di grande rispetto è stata, ad esempio, la mozione, poi approvata, dei colleghi Antonio Tafuri e Francesco Cellamare sul “ripristino, sulla stabilizzazione e sulla situazione relativa alle isole minori” dove i cittadini sono isolati dai tribunali insulari. Avvocati e cittadini affrontano impensabili difficoltà di spostamento per raggiungere i tribunali dell’Isola. All’uopo è stata portata efficacemente ad esempio la situazione degli abitanti di Alicudi e Filicudi, che per aggiungere il continente debbono passare per l’isola di Pantelleria, e quindi dalla Sicilia fino al continente. Qualcosa di impensabile se rapportata alle difficoltà che i più denunciano rispetto alle poche sedi decentrate dei tribunali “continentali”.
Se consideriamo l’isola di Ischia, dove risiedono oltre 4000 cittadini interessati da disabilità, capiamo bene come l’organizzazione territoriale degli uffici giudiziari attendesse evidentemente una “kermesse” (come qualcuno l’avrebbe simpaticamente denominata) come quella del Congresso per essere presa in considerazione in maniera degna e magari di vederne approvata la mozione.
Così è stato altresì per altre mozioni, altrettanto meritevoli di considerazione, soprattutto quelle accorpate nel tema n. 2 “L’attuazione delle riforme e gli effetti, anche economici, sull’esercizio della professione” ed in particolare la n. 5 del collega Giuseppe Massari, delegato del nostro Foro di Bari, per quanto riguarda “la tutela dei principi del giusto processo penale, in sede di attuazione della legge-delega 134/2021, nota come riforma Cartabia” che, come è stato sottolineato, si imbatte oggi nella “assenza di stabili investimenti sulla giustizia (al fine di fornire risorse, umane e materiali, almeno pari a quelle di cui dispongono ordinamenti affini a quello nazionale)” e che, in secondo luogo, impone “una revisione complessiva del sistema penale nella quale valutare interventi di depenalizzazione”.
Sono passate molte mozioni sulla “giustizia predittiva, giusto processo ed intelligenza artificiale” e fortunatamente anche quelle sulla compensazione dei crediti con i debiti professionali, accolte in blocco. Per quelle riguardanti le questioni ordinamentali è stato chiesto (inaspettatamente, ma forse no) il rinvio ad una sessione straordinaria che si terrà a Roma tra pressappoco un anno.
A margine di tutto questo questo, mi sono chiesta dove fosse andato a finire l’interesse per le vicende sostanziali della vita professionale degli avvocati. Quale l’approccio con la problematica dell’esubero del numero, innocentemente e graziosamente direi, affrontato da un collega che con la sua mozione proponeva della preselezione a monte degli avvocati partendo dal numero chiuso di giurisprudenza. Un pannicello caldo. Come a dire “Facciamo il conto delle cellule del corpo e semplifichiamole perché un corpo non cresca, altrimenti facciamo che un corpo non cresca affatto e così abbiamo risolto”. Una visione semplicistica del problema dei numeri, che a mio sommesso avviso poteva anche non approdare sul tavolo delle proposte congressuali.
Ho avvertito chiaramente che fosse stato affrontato il fronte strutturale delle problematiche della avvocatura italiana, l’impalcatura, nei suoi ornamenti esterni, qualche infrastruttura, in una visione che ho voluto definire quella della “avvocatura orizzontale”.
Soluzioni alternative respinte, come quella della monocommittenza, un sottobosco che sta divenendo realtà, e poi la problematica dei minimi contributivi rapportati al reddito, la gravosità dell’attuale sistema previdenziale .
Resta comunque la consapevolezza di aver visto lo sforzo sui temi del processo mentre resta negli occhi la visione di una pregevole organizzazione di circa 1500 avvocati, in una città splendida, altamente recettiva ed discretamente organizzata, che non ha fatto mancare il suo supporto, associazioni forensi che, diversamente dagli altri Congressi, si sono mosse in sordina e non alzano la voce nè fanno gesti plateali. Delegati che con il loro lavoro, in ogni caso, hanno fatto comprendere a noi che non vivono nel metaverso ma come loro nella realtà reale e pur conoscendo benissimo i problemi economici della categoria (dai quali non sono immuni) non hanno la bacchetta magica per risolvere i problemi del Paese.
A ogni modo, di ritorno dal XXXV Congresso Nazionale Forense a cui ho partecipato come semplice congressista e referente di un giornale serio e non miope quale è quello di Futuro Forense, egregiamente condotto da Paolo Scagliarini, posso ritenermi soddisfatta per gli stimoli, i momenti di riflessione, di dibattito e di  confronto che ne ho ricavato , necessari a un sempre doveroso accrescimento professionale.
A ciò si aggiunga il piacere dei momenti di condivisione e socialità sia con gli splendidi colleghi del mio ordine che con tanti altri colleghi di ogni parte d’Italia.
E no, il congresso non è stato solo tamburrello e pasticciotti.
Barbara De Lorenzis

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