Sta spopolando sul web un dato: nel recente passato (2021) ben 100.000 avvocati (uno più, uno meno, non è questo il punto) risultava essere moroso nei confronti della Cassa Nazionale di Assistenza e Previdenza Forense. Numeri da capogiro, se si pensa che gli iscritti a Cassa Forense sono circa 240.000 (avvocato più, avvocato meno). Le cause di quest’inferno sono – ovviamente – molteplici: crisi che morde le caviglie degli iscritti, aumento generalizzato dei costi di gestione dello studio, calo del numero degli iscritti (per cui bisogna provvedere alla loro sostituzione per mantenere in pari gli equilibri di cassa) e tanto altro ancora. Di fronte v’è una Istituzione che ha la necessità di mantenere quello che si definisce equilibrio di bilancio, con la previsione della sostenibilità a 50 anni (fino alla approvazione della infausta Legge n. 247/12, la sostenibilità era a 20 anni).
Come detto, i dati sono terribili e, purtroppo, nei fatti smentiscono i risultati (falsamente?) incoraggianti dei vari rapporti Censis che, commissionati annualmente da Cassa Forense, dovrebbero mostrare la realtà della Avvocatura, realtà che – visti i dati relativi alla morosità – evidentemente è… pura fantasia, viziata com’è dalla statistica. Se io ho due polli e tu non ne hai, statisticamente abbiamo un pollo a testa (anche se, poi, io, scoppio per il mangiare e tu muori di fame).
Gli effetti nefasti della pandemia da Covid 19 (scoppiata nel 2020 e che, negli anni 2020 e 2021, ha avuto picchi molto elevati) si stanno manifestando oggi (e, se possibile, anche in maniera violenta, se è vero che il dato della morosità non è smentito da chicchessia).
Né sembra che a Cassa Forense, al di là delle buone intenzioni (non si sa fino a che punto reali) e delle belle parole, ci sia la reale volontà di mettere mano alla situazione, almeno nel breve periodo: la tanto sbandierata riforma previdenziale non è ancora entrata in vigore e, soprattutto, il regolamento dei contributi (con le sue sanzioni) è ancora lì. E nessuno – evidentemente – vuole metterci mano, pur essendo, una riforma anche di quel regolamento, auspicabile nel brevissimo periodo e pur potendo consentire, la auspicata riforma del regolamento citato, un avvicinamento della Istituzione alle istanze di aiuto provenienti dalla categoria.
Lo studio dei numeri, delle cause e delle varie situazioni, è sì necessario. Ma è più necessario, oggi, prendere decisioni drastiche e urgenti: in primo luogo, si deve decidere, una volta per tutte, a buttare la maschera e ammettere (finalmente) che la riforma censuaria del 2012 (con l’art. 21 della Legge 247/12) era finalizzata a creare una élite (in fondo, è evidente tale intenzione degli ideatori e propugnatori di questo obbrobrio), buttando fuori dal mercato tanti iscritti che, nel mercato (brutto termine se riferito a persone che non si possono definire commercianti), non riescono a rimanere.
Allora si sia chiari: vogliamo risolvere il problema o vogliamo continuare in questo stillicidio continuo di forze, che ha portato – dal 2013 ad oggi – ad una drastica riduzione degli iscritti, a fronte di una maggiore concentrazione di incarichi ai più forti, mentre i più deboli arrancano?
In occasione di un convegno organizzato dalla nostra Associazione, nel Maggio 2022, cui parteciparono – da remoto – gli attuali Delegati Distrettuali di Cassa Benegiamo e Maione e l’allora vice – Presidente di Cassa, Pignatelli, ad una precisa domanda sulla possibilità di prevedere (in capo a Cassa) una sorta di politica di sostegno in favore di chi aveva difficoltà a tirare avanti, dai menzionati Pignatelli e Maione arrivò una concorde risposta: oggi (come due anni fa) Cassa non può farsi carico del sostegno al reddito, pur esistendo una proposta di riforma della Cassa Forense, nel senso di tendere a favorire la parte debole della Avvocatura.
A ben vedere, però, la situazione oggi (come ieri) e nonostante i numeri diffusi da Cassa Forense, non è affatto cambiata, la morosità è diventata (oggi più di ieri) un problema e la menzionata proposta di riforma tendente a favorire la parte debole della Avvocatura è rimasta chiusa nel cassetto. E non si capisce perché! O forse lo si capisce fin troppo bene…
Nicola Zanni*
*Presidente di Futuro@Forense