Come si sa, l’evasione fiscale è un male che, nonostante gli sforzi, è difficile da debellare e che, puntualmente, fa accendere i riflettori dell’opinione pubblica e dei governanti, nella speranza di debellarla definitivamente. E’ un male atavico che, purtroppo, attanaglia questa Nazione e che, finora, ha avuto il pregio di vedere i vari Governi, succedutisi nel tempo, di destra, di centro e di sinistra, affannarsi per trovare una ricetta per eliminarla. Finora tutte le ricette prescritte si sono rivelate inefficaci ed hanno avuto (è di solare evidenza) di mettere l’una contro l’altra, le categorie dei lavoratori dipendenti ed i pensionati e quella degli imprenditori e dei lavoratori autonomi. I primi (giustamente!) si lamentano del carovita quotidiano che falcidia retribuzioni e pensioni; i secondi si lamentano (altrettanto giustamente) della pressione fiscale che è importante.
Ogni Governo che si è occupato della res publica, finora, ha cercato di fare ciò che poteva, sicuramente mosso da intenti di equità sociale, molto spesso – però – guardando il mondo con occhi strabici e dirottando le proprie attenzioni (è inutile negarlo e chi lo nega, è in malafede) verso il mondo imprenditoriale e delle libere professioni, ritenuti (a torto o a ragione) covi di evasori. Ed ecco spuntare (ogni volta) salvatori della Patria che si ergono a paladini di questi o di quelli e (in barba ad ogni forma di prudenza) si lasciano andare ad ogni sorta di promessa. Ma sappiamo che la demagogia non è foriera di buone ricette e, puntualmente, si fallisce.
Tutti i Governi che si sono succeduti nel tempo, però, hanno avuto un unico Cerbero: la mitica Agenzia delle Entrate la quale, con le buone o con le cattive (molto spesso con le cattive), ha cercato di fare pagare tutto a tutti. Talvolta non riuscendoci e venendo graziata dai Giudici tributari che, nel caso di fesserie tributarie, ha compensato le spese di lite, con ulteriore beffa del cittadino attenzionato senza ragione.
Ora è il turno del Governo Meloni che, stando i proclami in campagna elettorale, avrebbe garantito maggiore tutela delle partite IVA (imprenditori e liberi professionisti) e una certa equità tributaria. L’ultima trovata è il c. d. concordato preventivo che dovrebbe spingere imprenditori e liberi professionisti a dichiarare (per gli anni di imposta 2024 e 2025) un certo reddito (parametrato dalla Legge), di modo che non li esponga a controlli tributari. E l’Agenzia delle Entrate cosa fa? Si adegua preventivamente, inviando ai titolari di partite IVA il seguente messaggio:
“Gentile contribuente, ogni anno l’Agenzia, sulla base dei continui aggiornamenti delle informazioni che confluiscono nelle banche dati che costituiscono il proprio patrimonio informativo, individua casi anomali che, dopo ulteriori approfondimenti, sono selezionati per le attività di controllo. In tale contesto è stato rilevato che la sua dichiarazione per l’anno 2023 indica un reddito derivante da attività di lavoro autonomo inferiore a quello dei dipendenti che lavorano nello stesso settore economico1. Questo aspetto, in assenza di giustificazioni oggettive, può essere considerato anomalo”.
Come dicono gli Avvocati bravi, per mero spirito tuzioristico, si fa rilevare che l’art. 629, c. 1, C. P., statuisce che “Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000”.
Dunque si può, a priori, dire a uno: paga perché, se non l0 fai, ti veniamo a dare fastidio?
A qualunque cittadino ciò non sarebbe consentito. Ma l’Agenzia delle Entrate può …
Nicola Zanni