L’abito non fa il monaco: noiose divagazioni sul tema

Torno a turbare le pubbliche coscienze, dopo alcune settimane trascorse in mistica adorazione e diligente osservazione delle umane virtù, al solo fine di sottoporre alla Vostra disattenta attenzione il seguente quesito:

è ancora giusto affermare che “l’abito non fa il monaco”

Le apparenze o, come piace a me, le percezioni che noi abbiamo di una certa persona in un altrettanto certo contesto, rappresentano un limite e pertanto manifestazione della fallacità del nostro essere umani, oppure sono rivelazioni che discendono dalla esperienza maturata e quindi espressione di una valutazione cosciente?

Ad ogni modo, le origini del proverbio sono assai antiche, ma quello che qui rileva è la comune lettura ed interpretazione che molti sono avvezzi fare limitando l’esegesi ad una accezione positiva e buonista – qui l’espressione corretta sarebbe qualunquista, ma pare brutta – nel senso di sforzarsi di guardare oltre alle apparenze rincorrendo una disperata quanto patetica ricerca del buono.

Tuttavia basterebbe studiare la storia per comprenderne la giusta chiave interpretativa.

Dirimente è la massima latina Cucullus non facit monachum (il cappuccio non fa il monaco) risalente all’epoca medioevale allorquando ai monaci veniva riconosciuto rispetto e dovere di accoglienza ciò in virtù dell’abito indossato e tale privilegio era spesso utilizzato dai malfattori che solevano travisarsi indossando l’abito monacale.

Traspare immediatamente la valenza del brocardo quale monito a prestare attenzione a non riporre fiducia incondizionata in chi potrebbe illegittimamente indossare quell’abito.

Anche il Manzoni ebbe ad attribuire un significato negativo allorquando il Conte zio discutendo della figura di Fra Cristoforo con il Padre Provinciale, il quale attribuiva alla “gloria dell’abito” la capacità di trasformare le persone – anzi la loro indole -, così chiosava “Vorrei crederlo; ma alle volte, come dice il proverbio…l’abito non fa il monaco

A questo punto il Cetto Laqualunque che alberga in ognuno di noi potrebbe facilmente obiettare affermando che è proprio in virtù della cultura cattolica che al proverbio deve essere attribuita una valenza positiva.

Conclusioni errate quelle del simpatico qualunquista posto che nell’Antico Testamento e precisamente nel Libro del Siracide (capitolo 19, vv da 25 a 27) così si legge:

“Dall’aspetto si conosce l’uomo;

dal volto si conosce l’uomo di senno.

Il vestito di un uomo, la bocca sorridente e la sua andatura rivelano quello che è.”

Al termine di queste tediose riflessioni mi piace ricordare le parole della mia poco simpatica nonna la quale mi salutava dicendomi “pettinati bene, indossa vestiti puliti e ben stirati e cambiati le mutande. Non si sa mai, potresti finire in ospedale e la gente parla”.

Fidatevi, io sono

il Grillo

p.s.

però vestitevi garbati!

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