Lo avevamo detto: alla inaugurazione dell’Anno Giudiziario non si doveva andare e, se ci si andava, bisognava guardare dritti negli occhi l’altra parte del cielo e dire che così non va, che la Avvocatura è parte integrante ed importante della Giurisdizione, che gli Avvocati non sono un numero, che gli Avvocati non sono meri immagazzinatori di dati sensibili di Magistrati. In una sola parola: gli Avvocati ci devono essere e non per fare scena.
Lo avevamo detto: alla inaugurazione dell’Anno Giudiziario si va non per fare passerella, ma per urlare al mondo quali sono le condizioni in cui la Avvocatura opera, che la amministrazione della Giustizia la subiamo e non la concordiamo, che i cittadini (nel nome dei quali dobbiamo tutti – Avvocati, Magistrati e personale di Cancelleria – operare) non sono solo un numero, ma devono essere messi in grado di tutelare i propri diritti, che gli Avvocati non agiscono motu proprio ma su impulso dei cittadini.
E speravamo che questo fosse detto a chiare e forti lettere, sia pur nel breve tempo assegnato, a seguito del contingentamento temporale degli interventi, dal Presidente COA. E speravamo che lo si dicesse apertis verbis.
Noi, però, abbiamo ascoltato solo un accenno alle problematiche reali della Avvocatura, sempre più schiacciata dalla presunzione di superiorità ontologica di altri ed incapace di guardare l’altra parte del cielo da un livello paritetico (e non dal basso verso l’alto). E l’invito ad una reale collaborazione fra Magistratura ed Avvocatura è sembrato più una clausola di stile che altro.
Avremmo sperato che, al di là delle belle parole, qualcuno avesse il coraggio di puntare l’indice contro le storture e le aberrazioni del sistema, degli ultimi mesi; avremmo sperato che qualcuno dicesse cosa era andato storto nel sistema (tanto!) e che cosa fosse da salvare (quasi nulla!). Non una parola non di circostanza, dall’altra parte del cielo; non una parola di mea culpa o di sdegno, per come – ad esempio – il diritto di tribuna sia stato vilipeso, per come gli Avvocati (quelli che, per lavoro, frequentano il Palazzo di Giustizia e le sue aule) vengono trattati (“voi siete ospiti”).
In fondo, aspettarsi una parola di rimprovero, verso dei colleghi un po’ monelli e sgarbati, era troppo; ed era troppo forse anche aspettarsi una sorta di tirata di orecchi a dipendenti un po’ troppo scontrosi, da parte dei famigerati Capi degli Uffici. Non abbiamo sentito nulla di tutto ciò, purtroppo!
Ed allora, oggi più di ieri, ci chiediamo: le passerelle a cosa servono? O la situazione cambia; o cambiamo atteggiamento, noi Avvocati.
Il Direttivo di Futuro@Forense