Il capo, il folle ed il Re

Complice un leggero disturbo della personalità per effetto del quale la mia confusa mente inizia a vagare senza confini, mi è tornata in testa una simpatica fiaba scritta da Christian Andersen (quello della principessa sul pisello – ma questa è altra questione -) che parla di un Re vanitoso.

Ora di Re vanitosi e pavoni (un mio amico con qualche piccola difficoltà di lessico confondeva pavone con favone – e forse nemmeno si sbagliava -) ne abbiamo tanti, per fortuna tutti belli, bravi e buoni.

La favola la conoscete tutti, magari qualcuno non ne ha ancora colto la morale, pur raccontandola ai propri figli (ma anche questa è altra storia).

C’era una volta un Re molto vanitoso particolarmente attento alla cura del proprio aspetto esteriore.

Un giorno varcarono i confini del regno due loschi figuri che si spacciavano per famosi tessitori in possesso di un nuovo e preziosissimo tessuto dotato della peculiare e straordinaria capacità di rendersi invisibile ai soggetti dotati di miserrima sensibilità e statura.

La notizia giunse al favone (ops) il quale non perse tempo a farsi confezionare il regale abito.

Quando i due fini tessitori mostrarono al Re il sontuoso abito decantandone la magnificenza, gli ori ed il raffinato drappeggio, il Re si accorse che il tessuto era talmente raffinato, eccelso nel materiale e nella tessitura che nemmeno egli stesso risultava degno di poterlo vedere.

Ovviamente di questo non ne fece parola con nessuno non fosse altro perché i cortigiani presenti non smisero nemmeno un attimo di magnificare il nuovo vestito.

Fu così che, indossando il nuovo abito, sfilò per le strade del regno raccogliendo applausi e lodi di ammirazione da parte del popolo il quale onde evitare le ire del bislacco e prepotente sovrano ben si guardò dal rilevare l’imbarazzante situazione.

In verità la magia non si spezzò nemmeno quando un bambino sfuggito al controllo dei genitori urlò “il re è nudo

La favola in questione è spesso utilizzata nei corsi motivazionali predisposti da famose multinazionali per costruire una leadership adeguata e, quindi formare il novello leader e, soprattutto formarne la capacità di interagire con il resto del Gruppo.

Ad essere sinceri, pur avendo in un tempo ormai remoto partecipato a questi corsi, devo confessare di non aver ben chiaro il concetto di leader.

So certamente che l’anglofono lemma coincide con la parola latina caput e so anche che la medesima parola viene declinata nella mia città in svariati modi, nessuno dei quali, gradevole e forse per tale ragione ho sempre parteggiato per il bambino.

Il bambino rappresenta la coscienza critica scevra da condizionamenti e da inutili e dannose sovrastrutture.

L’allegoria abilmente descritta dallo scrittore danese trova facile applicazione nella vita quotidiana e soprattutto nella storia dove ogni sovrano aveva nel giullare di corte la sua coscienza critica, il quale, lungi dall’essere lo scemo del villaggio chiamato ad allietare le giornate noiose, aveva la funzione di dire la verità al potere.

Tutto era permesso al Giullare e nulla poteva il sovrano nei confronti di questo soggetto, salvo riflettere sulle sue parole o, considerarle come semplici burle.

E’ davvero facile sostenere che il Re (il leader) ed il bambino siano complementari l’uno per l’altro dove il primo trova riparo e protezione nel secondo il quale è preposto a contrastare il concreto e costante rischio che il Re diventi arrogante e malato di narcisismo.

Sul punto Erasmo da Rotterdam offre una disamina puntuale e rigorosa del rapporto tra il leader ed il giullare.

In questa onirica e per certi aspetti delirante prolusione almeno due considerazioni meritano la Vostra attenzione.

La prima, è fuori di dubbio che nell’ambito di organizzazioni sociali complesse come quelle attuali i ruoli di comando (leadership) e di collaborazione (followership) sono fortemente interconnessi e legati da una forte correlazione.

La seconda, in un contesto sano, i collaboratori (followers) che non vivono il proprio ruolo in una condizione di sudditanza psicologica, quasi parassitaria all’ombra del proprio leader, esercitano in una sorta di scambio sociale, una funzione riequilibratrice del sistema.

Ora io non so bene cosa Voi siate, se leader o followers e, molto sinceramente non so nemmeno quale dei due ruoli sia più prestigioso.

Quello che mi è abbastanza chiaro è la sovrabbondanza di seguaci parassiti intenti ad acclamare il Re di turno è ciò nel fondato timore di perdere modesti privilegi da cortigiano, sempre pronti a declinare la ancora attuale espressione «Il re è morto, lunga vita al re!»

Fidatevi,

Io sono il Grillo

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