Spesso capita che chi rivesta il ruolo di capo sia costretto a richiamare i propri “sottoposti” all’ordine, ovvero sia costretto a rivolgere loro un severo monito affinchè torni l’ordine e il gruppo prosegua nel lavoro intrapreso e nelle funzioni che gli sono state affidate.
Alcuni di essi tuttavia non hanno bisogno del “richiamo della foresta” per rimettersi in riga, prima di tutto perché forse non sono mai usciti da quella riga e poi perché, spinti da un forte senso del dovere, sono consapevoli che bisogna svolgere il proprio ruolo con impegno ed interesse specie se quel compito ti è stato affidato in rappresentanza di una categoria.
Altri invece hanno bisogno di essere rimessi in riga perché hanno manifestato nel corso del tempo scarso interesse in primis verso il gruppo e in secundis verso coloro che rappresentano.
Questi, peraltro, non appena “rimproverati” dal capo, si rimettono subito in riga e rispondono – quasi supinamente – al richiamo della foresta ricevuto come dei bravi soldatini.
Una domanda mi sorge spontanea: quanto durerà questo periodo di ordine? Il tempo di una o massimo due incontri? Oppure nella coscienza di queste persone è scaturita la consapevolezza che quella tirata di orecchie era giusta ed era doverosa ed occorre un cambio di passo?
Chi scrive in realtà si pone anche un altro interrogativo: c’è bisogno di essere rimproverati dalla maestra per aver fatto troppe assenze a scuola e per non aver fatto i compiti oppure è segno di maturità capire che non si deve mettere in condizioni la maestra di metterti la nota e chiamare i genitori?
Ai posteri l’ardua sentenza. Stay tuned!
Noi ci siamo!
Eugenia Acquafredda