Protezione degli animali di affezione: la nuova legge della Regione Puglia

Da oltre un anno, la Puglia si è dotata di una nuova legge regionale in materia di protezione degli animali di affezione e controllo del randagismo, ossia la Legge 7 febbraio 2020 n. 2, composta da ben 34 articoli suddivisi in 4 Capi, abrogando la ormai obsoleta e scarna Legge 3 aprile 1995 n. 12, risalente a venticinque anni prima.

Rispetto alla Legge n. 12/95, la nuova normativa (art. 1, finalità) presenta la peculiarità di aver immediatamente sancito e cristallizzato “il diritto alla dignità di esseri viventi” degli animali, da diverso tempo considerati non più alla stregua di meri beni mobili, specificando come gli stessi debbano essere rispettati nelle loro esigenze fisiologiche ed etologiche e condannando, al contempo, ogni tipo di maltrattamento, compreso l’abbandono.

Tra le novità più rilevanti, segnaliamo una più compiuta ed organica ripartizione di competenze tra la Regione (art. 3) ed i Comuni (art. 4): alla prima spetta il compito, tra le altre cose, di individuare le modalità di organizzazione, funzionamento e gestione dell’anagrafe degli animali d’affezione, prevedendo la sua interrelazione con un sistema informatico nazionale, definendo i criteri strutturali ed igienico-sanitari per il risanamento ovvero la costruzione dei canili sanitari e dei rifugi.

La Regione redige, inoltre, un piano annuale per la prevenzione del randagismo, sentita la commissione regionale di cui all’articolo 18, che all’uopo viene costituita quale organo consultivo della Giunta, con incarico di coordinare, soprintendere e controllare gli interventi necessari all’attuazione della legge stessa.

Tra le novità riguardanti i Comuni, invece, all’art. 4, comma 1, lett. i) si evidenzia “la nomina di un referente comunale in materia di prevenzione e lotta al randagismo” nonché, qualora un comune sia sprovvisto di una struttura propria o di disponibilità di posti in altri canili rifugio, “la possibilità di affidare a soggetti privati il servizio di mantenimento e ricovero dei cani riconducibili al territorio di competenza, attraverso gare d’appalto espletate a norma del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), secondo metodologie tali da consentire di individuare con unico parametro numerico finale l’offerta più vantaggiosa” (art. 6, comma 8).

A tal proposito, assume un certo rilievo il fatto che il relativo prezzo o costo, stabilito periodicamente dalla Giunta regionale, dovrà essere determinato in misura fissa e non negoziabile, sicché gli operatori economici saranno costretti a competere esclusivamente sulla base di criteri qualitativi.

Pertanto, i soggetti interessati al mantenimento e ricovero dei cani, trascorsi dodici mesi dall’entrata in vigore della nuova normativa, dovranno adeguarsi al fine di poter disporre di una struttura che possieda sia i requisiti minimi di cui all’articolo 7 sia gli ulteriori requisiti stabiliti nella gara di appalto, andando a garantire un livello ottimale di benessere degli animali.

I rifugi (art. 7) potranno ospitare sino ad un massimo di duecento cani, con la deroga espressa per i comuni, singoli o associati, che già abbiano o decidano di realizzare un canile sanitario consortile; tali comuni, pertanto, avranno la possibilità di costruire rifugi con capienza superiore alle duecento unità, previo parere favorevole del dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente, tenuto conto del divieto di conferire animali in strutture di ricovero situate fuori regione, nonché fuori dalla provincia dove è ubicato il comune competente.

L’art. 8 disciplina gli obblighi dei gestori nella conduzione delle strutture di ricovero, i quali dovranno dotarsi di un direttore sanitario (medico veterinario o libero professionista iscritto all’ordine) che avrà il compito di vigilare sulle condizioni di salute e benessere, nonché sull’iscrizione in anagrafe e sulla sterilizzazione degli animali presenti; sarà inoltre garantita la consulenza di un medico veterinario esperto in comportamento, coadiuvato, eventualmente, da un educatore cinofilo o da altra figura professionale idonea, presente sul territorio.

All’art. 9, che regolamenta in maniera più organica, rispetto alla precedente normativa, le modalità di affido ed adozione degli animali, vengono espressamente sanciti il divieto di adozione per “coloro che sono stati condannati in via definitiva per reati di violenza o maltrattamento in danno di animali o persone” nonché l’obbligo, per gli affidatari, di sottoporre gli animali rinvenuti sul territorio, prima che vengano adottati, ad intervento di sterilizzazione chirurgica presso la Asl competente: soltanto dopo la sterilizzazione, infatti, l’affidamento potrà essere trasformato in adozione.

Molto più corposa ed articolata, rispetto alla Legge n. 12/95, appare la sezione dedicata alla protezione dei gatti che vivono in libertà sul territorio (art. 13) e alla tutela delle colonie feline da parte delle ASL competenti, di concerto coi volontari delle associazioni; tutti i gatti liberi e quelli delle colonie feline, al pari dei cani e gatti di proprietà, dovranno essere iscritti nell’anagrafe degli animali di affezione regionale (art. 16) entro due mesi dalla nascita o entro dieci giorni dal possesso e, comunque, prima della loro cessione.

Con particolare riferimento alle prestazioni sanitarie di cui all’art. 15, è previsto che i gatti sottoposti a sterilizzazione chirurgica da parte dei veterinari delle ASL, vengano identificati con microchip ed inseriti contestualmente nell’anagrafe regionale a carico del comune di appartenenza, con indicazione del nominativo dell’eventuale responsabile di colonia.

Altre importanti novità sono previste dall’art. 17, rubricato “Controllo della popolazione canina”, tra cui la possibilità di stipulare convenzioni per la sterilizzazione degli animali, con le associazioni che dimostrino di potersi avvalere di liberi professionisti che esercitino in strutture regolarmente registrate, nonché  l’iscrizione all’anagrafe canina regionale, l’identificazione con microchip e la sterilizzazione gratuita per i cani delle aziende zootecniche, al fine di tutelare la salubrità delle produzioni primarie sulla base del regolamento CE 852/2004.

Tutto il Capo III della legge n. 2/2020 è poi dedicato alla salvaguardia e protezione del benessere degli animali di affezione, pena le relative sanzioni: dal divieto di tenere i cani alla catena, salvo che per comprovate ragioni sanitarie, al divieto di usare collari a strozzo, all’obbligo di garantire all’animale un idoneo spazio di movimento.

E’ altresì disciplinato il libero accesso ai giardini, ai parchi, ai luoghi pubblici, agli esercizi commerciali, ai mezzi di trasporto, con l’espressa previsione di norme contenenti obblighi e divieti posti a tutela dell’igiene della collettività e con l’indicazione degli organi preposti alla vigilanza affinché vengano rispettate tutte le disposizioni.

A questo punto, in definitiva, possiamo concludere osservando come la nuova legge sia stata accolta con estremo favore da tutti gli addetti ai lavori, ponendosi, a dire di molti, come disciplina all’avanguardia nel settore, sia al sud che nell’intero territorio nazionale.

In questa sede abbiamo solo tentato di riassumere brevemente, in maniera panoramica, le principali novità ivi contenute, col proposito, in futuro, di analizzare nel dettaglio l’intera normativa, anche col supporto della giurisprudenza che man mano si andrà formando.

La speranza è quella di riuscire a fornire un minimo contributo finalizzato ad agevolare i cittadini in quel percorso di crescita culturale che conduca gli stessi ad avere piena contezza dei diritti dei nostri amici animali e confidando nel fatto che le Istituzioni diano concreta attuazione alla tutela di questi diritti.

Vi terremo aggiornati.

Vincenzo Scarafile

 

 

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