La pandemia dura ormai da 14 mesi e ci stiamo avvicinando al quindicesimo mese di restrizioni e sacrifici che, inevitabilmente, si riverbereranno sul (calo del) nostro lavoro e, di conseguenza, sugli incassi.
Eppure le spese ci sono (eccome se ci sono!); e noi dobbiamo portare il pane a casa, dopo aver pensato anche alle spese dello studio, della Cassa Forense (madre e matrigna, ma – allo stato – unico nostro Ente Previdenziale, volenti o nolenti) la quale, tra funambolici numeri da circo e (nostri) sacrifici deve garantire la sostenibilità a 50 anni di se stessa ed il pagamento delle pensioni degli iscritti, nonché a tutte le prestazioni assistenziali connesse alla funzione di Cassa stessa.
In questo ambaradan di problemi (tutti sono stati colpiti dalla crisi, nessuno escluso!, che sia chiaro) e come in ogni situazione di disagio, tutte le situazioni assumono due colori alternativi: o è tutto bianco o è tutto nero, senza possibilità alcuna che vi siano possibili sfumature del bianco o del nero.
In questi casi, la eventuale risoluzione dei problemi, come sempre, attiene alla propria personalissima sfera interiore ed al proprio modo di essere. C’è chi si lamenta sui social e trova sollievo dal vedere di non essere il solo (avrei potuto usare l’* quale suffisso di sol, ma voglio essere grammaticalmente corretto) a non essere afflitto dagli effetti nefasti della crisi, preferendo affidarsi ad una protesta virtuale che diviene occasione, per novelli ed in cerca di riscatto Girolamo Savonarola (già puniti dall’elettorato in passato) per farsi scudo di proteste finalizzate al nihilismo
cosmico ed all’abbattimento sic et simpliciter del sistema (qualunque esso sia). In tali ipotesi, ci troviamo di fronte a dei veri e propri avventurieri e filibustieri mossi solo da ambizioni personali e mai domi, nella ricerca di una cadrega su cui adagiarsi.
Di fronte a costoro (da comprendere assolutamente, nei loro atteggiamenti), si pone invece chi, pur vivendo la stessa situazione difficile, per pudore o perché caratterialmente positivo, non esterna la propria situazione di disagio, preferendo piuttosto lavorare per una soluzione (logica e cum grano salis) delle problematiche che oggi stanno affliggendo la Avvocatura.
Sono due diversi modi di affrontare la attuale difficoltà e sono entrambi legittimi e meritevoli di considerazione, al di là del facile estremismo (e delle altrettanto facili cadute di stile di chi rinfaccia agli altri, la presunta incapacità a comprendere la propria situazione di difficoltà) che porta a ritenere i più pacati dei nemici della categoria.
Se è vero che “una volta lo spirito era Dio, poi si fece uomo, e adesso sta diventando plebe” (F. Nietzsche), con la qual cosa – probabilmente – si voleva dire che ci si deve volgere lo sguardo verso chi c’è e si vede (e non verso chi c’è, solo per chi crede), è altrettanto vero che “ … L’uomo è qualcosa che deve essere superato. Che avete fatto per superarlo? Tutti gli esseri hanno creato qualcosa al di sopra di sé e voi volete essere il riflusso in questa grande marea e retrocedere alla bestia piuttosto che superare l’uomo? Che cos’è per l’uomo la scimmia? Un ghigno o una vergogna dolorosa. E questo appunto ha da essere l’uomo per l’oltreuomo: un ghigno o una dolorosa vergogna” (F. Nietzsche, Così parlò Zarathustra).
La protesta è giusta, è legittima, è – per certi versi – auspicabile, comprensibile e da appoggiare. La protesta (giusta, legittima, auspicabile, comprensibile e da appoggiare), però, non può e non deve essere sganciata dalla realtà delle cose dalla quale non può trascendere (nel senso letterale di trans ed ire, andare oltre).
Protesta sì, ma con studio ed intelligenza.
E’ troppo semplice menare il cane per l’aia e definire con i peggiori epiteti, chi non la pensa come la vulgata. E’ troppo semplice attribuire patenti (negative) a destra e a manca, quando il pensiero altrui non collima con il proprio. E’ troppo semplice trincerarsi dietro la frase di circostanza “eh!, ma io ho gravi problemi”, come se i problemi e gli affanni siano appannaggio di pochi e gli altri, invece, vivono in un mondo dorato e fatto solo di soddisfazioni (economiche, personali e fate un po’ voi).
Ingegnarsi per le soluzioni attuali delle problematiche varie e non slegate dalla realtà e protestare concretamente sono (devono essere) i presupposti perché si possa cambiare il mondo; e devono essere il presupposto di un sempre costante e maggiore impegno e finalizzate a fornire ai consociati concrete proposte perché migliorino le proprie condizioni.
Ingegno finalizzato al miglioramento della propria condizione e protesta possono (devono) essere la base perché vi siano impegno e proposte perché la condizione (propria e collettiva) possa migliorare, senza che ci si perda dietro qualunque falso conducator.
Se la memoria non ci inganna, i falsi condottieri hanno fatto una brutta fine, cosa che non auguriamo a nessuno, per l’amor di Dio! Così come ricordiamo che Gerolamo Savonarola non era di certo paragonabile a certi mestatori nel torbido.
In tre anni dalla nostra costituzione, abbiamo sempre cercato di portare avanti la nostra battaglia politica, confidando nello studio e nella comprensione dei dati e della realtà, lasciando ad altri (magari molto più bravi di noi) lo scettro delle urla sgraziate e del voi ci tirate i piedi e del siamo sfortunati perché siete più ricchi di noi.
I dati forniti dagli Studi Censis e propalati da Cassa Forense parlano di una professione e di una pletora di Avvocati che, soprattutto al Sud, non se la passano affatto bene. E fra questi in crisi, paradossalmente, vi sono i quarantenni ed i cinquantenni: la sfida, quindi, deve partire da qui.
Cosa ci proponiamo? E’ presto detto: studio ed approfondimento perché si possa arrivare ad una soluzione.
Quando c’è da aprire una cassaforte e non si conosce la combinazione: o la si fa esplodere (rischiando di perdere anche il contenuto della stessa) o ci si ingegna per trovare la combinazione.
Quest’ultima soluzione è la migliore perché, pur se impegnativa ed ardua, consente di entrare in possesso di tutto ciò che sta nella cassaforte.
La scelta noi la abbiamo fatta. E da tempo!
Nicola Zanni
Direttore Editoriale di Futuro@Forense