Immanuel Kant riteneva che la libera circolazione delle idee fosse il fondamento della conoscenza e dell’emancipazione dell’uomo.
Questo è certamente vero e senz’altro è condivisibile oltre che auspicabile, tuttavia questo concetto presuppone che, alla base, ci sia un uomo che abbia delle idee, che abbia un pensiero e che questo pensiero sia frutto delle proprie autonome conoscenze tanto che, dal confronto tra i vari pensieri, possa scaturire e derivarne l’emancipazione dell’uomo.
Cosa accade però quando un soggetto un proprio pensiero non lo ha o fa finta di averlo ed esprime quel pensiero per la pura necessità di dimostrare a se stessi e agli alti (gli altri chi?) di averne uno?
Un pensiero intorno a situazioni complesse come quelle che si stanno vivendo in questi giorni, non è una mera idea come decidere in che posto andare, bensì è il frutto di un ragionamento che dovrebbe partire dalla storia e dall’aver studiato la storia e dall’averla studiata senza preconcetti e senza influenze politiche di partito e senza quel bipolarismo destra / sinistra, comunismo / liberismo, Urss / Stati Uniti che sempre ha contraddistinto lo studio della storia stessa.
Ed invece si assiste – per l’ennesima volta perché ci si è abituati con i social a questo – al solito proliferare di post del più svariato populismo, intriso di concetti più o meno scontati (credo che nessuno possa dire di essere favorevole alla guerra, ma se non lo si dice non si è politically correct) supportati da considerazioni tecniche che, davvero, lasciano molto a desiderare.
C’è la smania, pertanto, di voler tutti dire a tutti i costi la propria e di dover fare per forza qualcosa affinchè la guerra cessi, come se il nostro facere possa essere dirimente o comunque necessario, perché altrimenti si rischierebbe addirittura di non essere nemmeno solidali con il popolo ucraino e questo è certamente politically uncorrect!
Ma siamo seri e concreti, limitiamoci a pregare, a dichiarare di essere contrari alla guerra, a qualunque guerra, ma non pensiamo di avere la presunzione di poter noi cambiare le cose, perché così non è, ma soprattutto se abbiamo un pensiero cerchiamo che lo stesso sia frutto del nostro cogito e non di quello di un altro, al quale magari si vuole lanciare un messaggio subliminale di totale fedeltà e dipendenza proprio di pensiero, perché magari o non se ne ha uno o se lo si ha si ha paura di esprimerlo.
Evitiamo soprattutto di dipingere oggi un paese come il nemico, quello stesso paese che alla fine della seconda guerra mondiale ci ha liberati dalla egemonia nazista e fascista ed evitiamo, viceversa, di dipingere come amico un paese la cui storia ci ha raccontato che, invece, le cose sono andate – a volte – in modo diverso.
Cerchiamo insomma di non farci prendere da smanie di protagonismo che rasentano la soglia del populismo, ma piuttosto di usare il nostro cervello, facendoci aiutare dalla storia.
Certo la storia, la grande dimenticata anche nelle scuole!
Noi ci siamo!
Eugenia Acquafredda