Anche quest’anno arriva la ricorrenza della Festa delle donne e, sempre più spesso, si sente dire da alcune di loro che non credono più al valore di questa giornata o perlomeno ritengono che il valore di questa giornata dovrebbe andare oltre la data dell’8 marzo.
Questo è senz’altro vero dato che è certo che la parità di genere non sia stata ancora raggiunta ed alcune donne, dunque, magari a causa della propria esperienza personale, si sono convinte della inutilità di questa giornata.
Sta di fatto che le cronache continuano a bombardarci di notizie che confermano che la parità di genere e le pari opportunità sono ben lontane dall’essere raggiunte, che le molestie sessuali e lo stalking sono uno sport ancora molto praticato e che il bilancio delle vittime di femminicidio è ancora molto alto, bilancio che non solo non accenna a diminuire, ma che sembra in continuo aumento.
La disuguaglianza di genere negli spazi di lavoro mette a rischio tutte le donne, perché nella condizione di subordinazione gerarchica è più facile il ricatto: succede alla segretaria, all’operaia, all’immigrata, alle studentesse, alle specializzande, alle collaboratrici domestiche e a moltissime donne nei più svariati contesti.
Dunque è evidente come sia tuttora di estrema attualità il bisogno di lavorare sulle coscienze, affinché sia riaffermato il principio del rispetto dell’altro e dell’altra, rispetto che deve partire dai modelli che ciascuno di noi offre alle nuove generazioni, dal proprio modo di comportarsi nel contesto pubblico come in quello privato, affinché ciascuno sia rispettoso delle donne che incontra, dalla propria compagna di scuola o di vita, alla fidanzata, dalla moglie, alla collega, dalla professionista, alla propria figlia dalla madre alla sorella ecc.
Sembra strano dover ancora dire questo, se si tiene conto che, da qualche decennio a questa parte, il numero di donne laureate rispetto agli uomini è sempre stato maggiore.
L’eccellenza, la capacità delle donne nell’impegnarsi su più fronti, la loro visione della vita, dovrebbero essere considerate una risorsa strategica rilevante, un fondamentale supporto allo sviluppo delle attività produttive.
C’è sempre molto da fare e tutti dovrebbero essere pronti a sostenere noi donne, perciò è necessario riprendersi la consapevolezza che è tuttora esistente la presenza di un gap di genere.
La festa della donna deve essere tutto l’anno. “Le donne possono fare tutto quello che vogliono” si dice, ma se una donna gioca a calcio sicuramente è considerata poco femminile, perché è uno sport da uomini o se occupa posti di comando in un’azienda avrà ottenuto quell’incarico in cambio di favori sessuali.
Molto spesso questi commenti provengono da donne e vengono ad altre donne.
Non siamo, dunque, ipocrite, non diciamo eresie e non facciamo le femministe a tutti i costi.
Sul palco del Festival di Sanremo, il programma televisivo più seguito dell’anno in Italia, le donne sono co-conduttrici che appaiono per pochi minuti e poi scompaiono.
Il “titolare” del programma è un uomo e insieme a lui ad avere il maggior minutaggio sul palco è sempre un uomo, ma ci si nasconde dietro una falsa politica dell’inclusione a tutti i costi.
Quella dell’8 marzo è tradizionalmente considerata la giornata per eccellenza in cui festeggiare le donne ed in cui onorarle, la giornata durante la quale cioè fare loro gli auguri. Ma forse l’augurio migliore che si possa fare a una qualsiasi donna è quello di non sentirsi mai più discriminata, penalizzata o giudicata, quello di non sentirsi mai in pericolo se, per necessità, deve prendere un mezzo di trasporto pubblico a ora tarda per tornare a casa dal lavoro e soprattutto quello di sentirsi appellare con “la brava“, “la capace“, “la competente” e non solo come “la bella“.
Solo quando avverrà tutto questo, allora, sarà davvero festa.
E perciò riprendiamoci la festa, dobbiamo crederci. Buon 8 marzo a tutte le donne.
Noi ci siamo!
Eugenia Acquafredda
Componente del Comitato Pari Opportunità
Ordine degli Avvocati di Bari