La Giustizia è una cosa seria; la Giustizia non può essere trattata al rango di una partita di calcio dove si incontrano (o si scontrano) due squadre ed i rispettivi tifosi parteggiano. La Giustizia merita rispetto.
I referenda del 12 giugno 2022 hanno posto alla attenzione nazionale la questione Giustizia, sotto alcuni punti di vista (separazione delle carriere, abolizione della Legge Severino, abolizione della custodia cautelare in alcune fattispecie), sfuggendo ai più una piccola circostanza: l’opinione pubblica, nella sua generalità, non vuole parlare di certi argomenti, semplicemente perché non interessano.
Prendiamo il problema della separazione delle carriere, ad esempio: a quanti importa se un giovane vincitore di concorso in Magistratura, assegnato ad una Procura qualsiasi, dopo un po’ di anni in servizio, chiede (ed ottiene) il trasferimento ad un altro Ufficio in cui giudicherà?
Fermandosi un attimo a leggere i commenti sui social o (i più fortunati) ad ascoltare i commenti al bar o alla fermata del bus, ci si accorge che i più buoni si limitano a dire “eh si! Gli avvocati votano si perché hanno interesse affinché i loro clienti non siano giudicati da chi li ha prima indagati”. Commento superficiale, questo, che attesta una grande ignoranza in materia (esiste l’istituto della astensione del Giudice e, al limite, quello della ricusazione – ma è fatto forse noto solo agli addetti ai lavori, perché la stampa, quella seria, non ne parla molto), ma che dà il senso di quanto la Giustizia debba essere sempre più orientata, per certi commentatori, per certi politici e per certi Magistrati (do you remember Piercamillo Davigo e la sua teoria del “uno è innocente fino a quando non è scoperta la sua colpevolezza”?) verso le ordalie e la caccia alle streghe e non verso una Giustizia giusta, che è rispettosa delle regole processuali e che sia soprattutto celere e giusta.
Se, per un verso, questo diffuso clima da stadio viene da trent’anni di tifo per le Procure che sono state fatte passare per baluardi contro la delinquenza e la corruzione (senza poi vedere come quelle inchieste si sono concluse e, soprattutto, se si sono mai concluse, perché anche questo dobbiamo dire), dall’altro dobbiamo notare come il ceto Forense, oggi composto da 240.000 avvocati circa (e non tutti penalisti, occorre sottolineare il dato), venga identificato tout court come il Male assoluto. L’assioma chi difende un delinquente, è anch’egli un delinquente o chi difende un imbroglione, è anch’egli un imbroglione ormai fa parte della iconografia collettiva. Peccato che non sia proprio così.
Ma questa idea, lungi dall’essere vera, non si riesce a scardinare. Le colpe? Tante, di tanti, di troppi. Il solo sospetto diventa prova certa e fa nulla che la realtà sia un’altra: finire nel tritacarne è un attimo, mentre (uscire indenne) essere riconosciuto innocente e aver fatto valere le proprie ragioni, agli occhi dei commentatori, è molto più difficile.
La Avvocatura, dal canto suo, finora non è riuscita a scardinare il concetto diffuso e politically correct: voi siete come i clienti che difendete. Aveva (e continua ad avere) un compito: visto che si è lottato tanto per ottenere il riconoscimento dell’Avvocato in Costituzione (scusate, ma l’art. 24 della Costituzione è in vigore dal 1° Gennaio 1948 e nessuno si è mai sognato di metterlo in discussione), bisogna far passare – agli occhi dei non addetti ai lavori e dei giuristi da bar – il concetto che la Avvocatura è necessaria. E, per fare ciò, ha bisogno di credibilità.
Come si fa ad essere credibili? Bella domanda, questa. Se si rispondesse “facendo pulizia al proprio interno ed eliminando le mele marce”, non si farebbe torto a nessuno e si direbbe una cosa scontata. Poi ti accorgi che anche i legibus soluti, i Magistrati, hanno lo stesso problema (do you remember Palamara?) e che, come per incanto, il problema ha occupato per poco tempo le menti (?) della c. d. opinione pubblica. Forse era più importante, in quel momento, la campagna acquisti dell’Inter o della Juve.
La Giustizia come tifo, in una visione manichea dove tutti i buoni sono da una parte (i Giudici?) e gli altri, i cattivi, gli Avvocati ed i loro clienti sono agli antipodi.
La Avvocatura – oggi più che mai – ha un grosso compito: far comprendere che i diritti (al pari dei doveri) esistono e che qualcuno ha il dovere di vigilare affinché inquirenti e giudicanti non travalichino i limiti della Legge. Il concetto di avvicinare la Avvocatura alla gente è di difficile attuazione, per il semplice fatto che la gente ritiene più semplice semplificare le cose e sistemare i buoni, da una parte, e gli Avvocati, dall’altra.
Salvo poi rivolgersi ad un avvocato…
Nicola Zanni
P.S. Dialogo effettivamente verificatosi tra una bambina ed un Avvocato, nel lontano 1998:
Bambina: “Avvocato, lo sai che tu devi andare all’Inferno?”
Avvocato: “E perché devo andare all’Inferno?”
Bambina: “Perché tutti gli Avvocati vanno all’Inferno”.
P.P.S. Molto probabilmente, la bambina ha riferito ciò che aveva ascoltato e che dà il senso della considerazione e la stima di cui gode la Avvocatura. Forse sarebbe finalmente ora di recuperare la propria credibilità.