“A pensare male degli altri si fa peccato; ma spesso si indovina” (G. Andreotti)
Il tempo delle elezioni forensi si avvicina sempre più e, manco fosse il calciomercato, iniziano a girare (forse anche troppo morbosamente) le voci più strane in ordine alle liste, ai nomi di chi ne farà parte ed ai vari (più o meno papabili) candidati alla Presidenza del COA. E chi ne parla, fa anche riferimento (e non potrebbe fare altrimenti!) alla potenziale ineleggibilità di chi si candida.
Il principio del limite del doppio mandato è, ormai (piaccia o meno) Legge dello Stato, confermato da svariate sentenze delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (che qualcuno dall’alto della sua sapienza – o insipienza – ha inteso sminuire, affermando che – in fondo – queste decidono, in materia di elezioni COA e di disciplina, solo sui ricorsi avverso i provvedimenti del CNF, come se questi provvedimenti fossero parva materia). Le Sezioni Unite della Cassazione – secondo tali Soloni – in subiecta materia sarebbero meno affidabili (e, forse, per ciò stesso, possono essere smentite da comportamenti particolari, in evidenza tesi a calpestare il limite del doppio mandato).
Al di là della risibilità di tali affermazioni (mai, come in questi casi, si dovrebbe valutare l’affermazione de qua in base alle bocche dalle quali esce), v’è da ribadire un concetto: il principio della ineleggibilità per violazione delle norme in materia di divieto del doppio mandato esiste. Con buona pace di sapienti, saggi, giuristi a tempo perso e candidati in servizio permanente effettivo (mossi dalla voglia di sedersi sulla poltrona, allettati da promesse di fare parte dell’esecutivo dei COA o anche fregiarsi del titolo di Consigliere e, per ciò stesso, portati alla voglia di violare la Legge).
E questa voglia di illegalità (o, meglio, questa voglia di poltrona) spinge chi viene criticato per questa sua smania di restare accomodato, ad offendersi se qualcuno (o qualcuna), criticando tale scelta, ricorda che la Legge si deve rispettare. E che, se questa Legge non viene rispettata, purtroppo si chiederà alla Giustizia di ripristinare l’ordine delle cose.
E lo si chiederà per l’ennesima volta.
Il risultato di questa storia quale è? Semplice. Colui (o colei) il (o la) quale si sente toccato (o toccata) (forse perché la critica è fondata?), si picca, si offende e – fatto l’inguacchio – la prende sul personale, quando fioccano i ricorsi.
La eccessiva personalizzazione delle situazione, unita ad una alta concezione di sé e, sicuramente, ad una buona dose di impunità (derivante dall’essere parte di un gruppo che ha avuto la fortuna di toccare con mano la mannaia delle Sezioni Unite della Cassazione e del Consiglio Nazionale Forense), fa si che le reazioni siano eccessive. Con buona pace dei rapporti personali (perché, è inutile negarlo, entra in gioco una buona fetta di permalosità che non guasta mai).
Ed allora si fa sempre affidamento sulla sensibilità delle persone affinché, anche questa volta, il Foro di Bari venga risparmiato da ricorsi, provvedimenti Giurisdizionali e, soprattutto, brutte figure in Italia.
E’ vero che il consenso vale; ma vale – più di ogni altra cosa – il rispetto della Legge. Non si esalta, in questa sede, lo Stato etico, quanto lo Stato democratico in cui la Legge viene rispettata, a pena di comminazione di sanzioni. E, nel caso di violazione del limite del doppio mandato, la sanzione non è solo la declaratoria di ineleggibilità e la rimozione dall’incarico di Consigliere, ma soprattutto la brutta figura che si fa.
Poi se uno adora fare queste figure, si adoperi per farle per conto suo. Non in nome della Avvocatura barese!
Nicola Zanni*
*Direttore Editoriale di Futuro@Forense