Il 28/11/2022 presso la Biblioteca del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari si è svolto il quarto incontro di un ciclo di eventi organizzato dalla Associazione “La Forza delle Donne” insieme a “Futuro@Forense” dal titolo “Il ruolo della donna nella criminalità organizzata”.
L’evento ha visto la partecipazione dei rappresentanti delle istituzioni forensi nella persona della Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari avv. Serena Triggiani, nonché della dott.ssa Stefania Girone – la quale ha portato i saluti della Associazione “La Forza delle Donne” – del Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Bari e Presidente della Associazione “Futuro@Forense” avv. Nicola Zanni e, infine, della dott.ssa Elisabetta De Sanso referente per la Basilicata della Associazione “Libera”.
Ed infatti, dopo i saluti istituzionali, si è entrati subito nel vivo delle relazioni e del dibattito con gli ospiti il cui ruolo di moderatrice è stato affidato alla scrivente, la quale – unitamente alla Coordinatrice dell’area legale della Associazione La Forza delle Donne, nonché collega ed amica avv. Maria Antonietta Labianca – si è dialogato con gli ospiti, primo fra tutti, il Presidente della “Camera Penale di Bari Achille Lombardo Pijola” avv. Guglielmo Starace.
Quello che è subito emerso è l’aver constatato come il ruolo della donna all’interno delle organizzazioni criminali si sia evoluto, poiché un tempo la donna era puramente l’angelo del focolare dedita solo alla crescita dei figli “futuri uomini d’onore”, mentre oggi le donne sono esse stesse protagoniste – nel bene e nel male – della scena criminale (si vedano per esempio tutte quelle donne che si sono rifiutate di rivestire un ruolo apicale all’interno della cupola e che hanno denunciato gli uomini d’onore, ovvero quelle donne che sono invece divenute le vere e proprie attrici insieme agli uomini all’interno della cupola mafiosa).
L’avv. Starace, in particolare, si è soffermato sull’analisi del reato associativo e sul reato di associazione di tipo mafioso regolati rispettivamente dagli artt. 416 e 416 bis c.p., ponendo l’accento soprattutto sul fatto che il legislatore abbia voluto punire il semplice accordo posto in essere da due o più soggetti partecipanti al sodalizio a prescindere, quindi, dal fatto che il delitto per cui abbiano creato la associazione si realizzi o meno e, dunque, per il solo fatto di aver fatto un patto vi è una ragione tale per cui punire in sé gli aderenti al patto e, pertanto, per la configurazione del reato non è richiesto che si verifichi necessariamente l’evento criminoso.
A questa tipologia di reato, peraltro, il sistema giuridico appresta tutta una serie di meccanismi per così dire anticipati ed accelerati sul piano delle indagini, stante la particolare ed intrinseca pericolosità delle condotte poste in essere dai soggetti agenti, le cui condotte si estrinsecano nella intimidazione, nell’assoggettamento e nella omertà tra le vittime e tra la gente che vive sul territorio.
Storicamente si è sempre pensato che la donna non possedesse una innata spinta criminosa, ma la storia ha raccontato qualcosa di diverso, poiché “la moglie del boss” ha cominciato a rivestire il ruolo di delegata alla tenuta della cassa, a volte anche delegata alla riscossione dei proventi della attività criminosa, per non parlare del ruolo di colei che manteneva e mantiene i contatti tra l’esterno ed il carcere.
Esse, dunque, sono corree tanto quanto gli uomini, in quanto protagoniste all’interno della cupola mafiosa e, in alcuni casi, le stesse divengono addirittura intestatarie di tutto il patrimonio mobiliare ed immobiliare del boss, il quale magari è latitante.
Dopo la relazione dell’avv. Starace, è intervenuto il dott. Giuseppe Del Grosso, assistente sociale, consulente della Regione Puglia assessorato alle Politiche di Garanzia e Welfare, nonché Giudice Onorario presso il Tribunale per i minorenni di Bari, il quale si è soffermato sulla evoluzione del ruolo della donna all’interno delle organizzazioni, le quali da essere meri soggetti imputabili per favoreggiamento perché magari non agenti, siano divenute le vere protagoniste della vita associativa di tipo mafioso già nel momento in cui esse trasferiscono alla prole un vero e proprio bagaglio – alias manuale – di informazioni criminose a coloro – i figli – che diverranno la futura generazione della cupola stessa ossia i prossimi uomini d’onore.
Le conclusioni, poi, sono state affidate alla collega del Foro di Matera avv. Maira Fusco, socia dell’area legale della Associazione La Forza delle Donne e referente per la Basilicata della associazione stessa, la quale si è soffermata sul dualismo che molto spesso incarna la donna nella criminalità organizzata, ovvero da un lato le donne sono vittime perché “costrette” a stare in un contesto imposto dalla appartenenza a famiglie criminali che, attraverso matrimoni combinati, rafforzano il proprio sodalizio e la propria forza sul territorio, dall’altro, le donne possono essere il carnefice, in quanto vogliono essere parte del sistema ed esserne protagoniste!
Sono seguite alcune riflessioni da parte degli ospiti, i quali hanno sottolineato come gli appartenenti alle associazioni criminose di tipo mafioso siano persone molto religiose, guidate da una profonda fede e che seguano tutti i riti della religione di appartenenza tanto è vero che i rituali che conducono alla affiliazione dei soggetti all’interno della associazione mafiosa sono definiti proprio “cerimonie”.
Il prossimo incontro (il quinto ed ultimo di questo ciclo di eventi) è già in fase di accreditamento presso il COA e si svolgerà nel mese di gennaio prossimo.
Vi aspettiamo.
Noi ci siamo!
Eugenia Acquafredda