Guardando ai cambiamenti politici e sociali che hanno contraddistinto l’ultimo decennio, è palese come l’uso di un “certo” linguaggio politico, caratterizzato da toni irruenti, sia ritenuto giustificabile da chi lo utilizza in quanto espressione e garanzia di presunti valori, ideologie e modelli.
Sembrerebbe, dunque, doveroso tentare di comprendere quali siano gli elementi che caratterizzano questo tipo di propaganda e questo tipo di linguaggio che ci accompagna e ci ha accompagnato, in particolare, in questi ultimi mesi in cui gli elettori sono stati chiamati alle urne.
Le caratteristiche di questa forma di propaganda sono certamente i toni accesi, le incitazioni all’aggressività, i post su internet e sui social che costituiscono oramai l’attuale e forse l’unico modo di fare politica.
Si fa ciò per rendere il messaggio immediato e certamente più fruibile da parte di chi lo riceve e per poter troncare sul nascere ogni forma di confronto dialogico, in modo da non dover nemmeno approfondire gli argomenti proposti né, tantomeno, doversi soffermare sui programmi; anzi, con questa “strategia” il soggetto ricevente tende a considerare come veritiero ciò che ha percepito nell’immediatezza del messaggio, non essendo, pertanto, in grado di attivare una capacità di critica sui contenuti proposti dalla propaganda stessa.
Con la globalizzazione le distanze formalmente si sono sempre più ridotte ed i messaggi girano con molta più velocità, ma – allo stesso tempo – tali distanze e questa forma di comunicazione – che passa solo attraverso il web e attraverso un linguaggio aggressivo – fanno sì che le “solitudini” aumentino e cessi quasi del tutto quella capacità di confronto con cui la politica dovrebbe sempre fare i conti.
Si fa politica oramai su Facebook, su Instagram, cercando di arrivare ad una fetta quanto più vasta possibile di popolazione e lo si fa attraverso l’uso scorretto di questi mezzi, visti purtroppo come spazi in cui diffondere messaggi e post a impatto immediato attraverso, tuttavia, un linguaggio sempre più orientato alla offesa della persona, piuttosto che alla condivisione delle idee e del programma.
Molto più semplice è criticare, non sforzandosi invece di capire meglio e, tantomeno, di informarsi sui programmi e sulle proposte. Atteggiamenti, questi, che portano verso la direzione dell’isolamento e del conflitto soprattutto sui social.
Qui – sui social – assistiamo a fiumi di polemiche dai toni accesi e tali polemiche si rivelano assolutamente sterili perché fomentate da “falsi protagonisti” della politica o, comunque, da seguaci dei candidati i quali, evidentemente, pensano di poter persuadere “gli avversari” attraverso frasi spot e credono di poter ottenere visibilità almeno sui social.
Occorre lavorare, quindi, sulla capacità di ognuno di noi di porsi domande, di mettersi in discussione, di confrontarsi con gli altri specie con chi la pensa diversamente, considerando che, la diversità di opinione ed il confronto non potrà che arricchire sia coloro che si sottopongono al confronto stesso sia, certamente, la politica che dovrebbe essere interesse e cosa di tutti.
L’auspicio è un ritorno al dialogo e al confronto magari non proprio sui social, bensì nelle sedi istituzionali a partire proprio da coloro che saranno eletti verso coloro che saranno all’opposizione, in modo da poter essere da esempio per tutti quelli che hanno esercitato il proprio diritto di voto e che meritano risposte.
Buon voto a tutte e tutti.
Noi ci siamo!
Eugenia Acquafredda