Istituzioni forensi e candidature. Inopportunità e voglia di apparire

Da sempre vi sono avvocati i quali – credendo nella funzione delle Istituzioni Forensi quale pungolo della Politica – hanno sempre cercato di tenere distinti il piano della rappresentanza nella e della Avvocatura dal piano prettamente e puramente politico. Il rispetto di tale (ovvio) principio porterebbe forse ad un maggior rispetto, da parte della opinione pubblica, nei confronti di una categoria Professionale (la Avvocatura, appunto), in considerazione del fatto che sarebbe apprezzato ed apprezzabile il voler tenere distinti i due ambiti.

Al contrario, soprattutto nell’ultima competizione elettorale, si è assistito ad uno spettacolo cui, mai prima d’ora, si era assistito: rappresentanti nelle Istituzioni Forensi e in Organismi diretta emanazione delle rappresentanze Istituzionali i quali si sono candidati, mantenendo ben saldo il contatto sullo scranno (o sullo scrannetto) sul quale erano seduti. Certamente questo tipo di attività non è illegale (e chi dice il contrario!). Tuttavia ancora una volta, si è fatto finta di non considerare il concetto di (in)opportunità, facendosi sopraffare dalla voglia di apparire. Anche questa voglia, per carità!, è legittima. Ma da rappresentanti Istituzionali e da apicali negli Organismi di diretta emanazione delle rappresentanze istituzionali ci si aspetta anche un minimo di discernimento (e di necessaria distinzione) fra illegalità ed inopportunità. Ad esempio, rassegnando le proprie dimissioni dal ruolo occupato, in modo tale da non dare l’impressione di non voler tenere due piedi nella stessa scarpa.

Stesso discorso deve farsi a proposito dei Presidenti delle varie Associazioni di cui la Avvocatura è piena: sarebbe sempre meglio se tenessero distinti i due ambiti (associativo e politico tout court) e si limitassero a fare una scelta: o di qua o di là.

Domanda: e se i candidati fossero stati eletti, quale ruolo avrebbero scelto?

Ecco: è tutta una questione di credibilità (delle persone, dei ruoli ricoperti, delle Istituzioni Forensi, della Politica). Non mettendo in dubbio l’integrità morale di nessuno, ci si chiede se l’inopportunità di certe scelte possa servire a far scemare (o aumentare) la credibilità della Avvocatura quale corpo intermedio della nostra società.

Nicola Zanni*

*Socio fondatore Futuro@Forense

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