
Si è svolto presso la Biblioteca dell’Ordine degli Avvocati di Bari in data 14/04/2025 un evento formativo dal titolo: “Attività Professionale: Limiti e Divieti” organizzato dalla Associazione Futuro@Forense.
Dopo i saluti istituzionali del Presidente del COA a mezzo della Consigliera dell’Ordine, nonché Tesoriera della Associazione F@F avv. Eugenia Acquafredda e del Presidente della associazione Futuro@Forense avv. Vito D’Astici, si è entrati nel vivo delle relazioni con i nostri ospiti tra cui vi era il già Consigliere del CDD avv. Nicola Scognamillo, nonché il già Presidente della Associazione F@F e il già Consigliere dell’Ordine avv. Nicola Zanni ai quali va il nostro più sentito e sincero ringraziamento per aver accettato il nostro invito.
L’incontro è stato moderato dalla sottoscritta, la quale ha dato la parola al collega Nicola Scognamillo, a cui è stata affidata una relazione dal titolo: “Divieto di Pubblicità – Previsione Normativa e Limitazioni”.
L’avv. Nicola Scognamillo, dopo un breve excursus in ordine al percorso normativo e giurisprudenziale che ha caratterizzato il tema della pubblicità degli avvocati, passando attraverso il caso dell’americano avv. Bates, il Codice Deontologico Europeo, il Codice Deontologico introdotto in Italia nel 1997 e il Decreto Bersani che ha consentito la “pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo ed i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio, ci si è soffermati sulla disciplina dettata dal Codice Deontologico Forense attualmente vigente.
Il tema della c.d. “pubblicità informativa” degli avvocati è stato oggetto in passato e lo è tutt’oggi di numerosi confronti: se da una parte vi è chi ritiene indispensabile, nell’interesse della stessa attività professionale, la più larga diffusione delle competenze di ciascun legale; dall’altra, vi è chi sostiene che la pubblicizzazione dell’attività professionale risponda a criteri mercantili e, quindi, antitetici al prestigio della professione e a quel rapporto fiduciario che ne è alla base.
In buona sostanza, la pubblicità di ogni tipo e quindi anche quella che possono effettuare gli avvocati non è vietata, tuttavia essa dovrebbe avere solo una finalità informativa e non certo elogiativa ed autoelogiativa, al fine di consentire al cliente di scegliere con maggiore consapevolezza il professionista a cui affidarsi.
Ai sensi dell’art. 17 del Codice Deontologico Forense “è consentita all’avvocato, a tutela dell’affidamento della collettività, l’informazione sulla propria attività professionale, sull’organizzazione e struttura dello studio, sulle eventuali specializzazioni e titoli scientifici e professionali posseduti”.
Collegato a tale articolo vi è la previsione di cui all’art. 18 CDF secondo cui, parafrasando, “l’avvocato può intrattenere rapporti con gli organi di stampa a condizione, però, che rispetti i criteri di equilibrio e misura ed i doveri di discrezione e riservatezza e, ciò, al fine di fornire una informazione corretta e adeguata alle circostanze, evitando ovviamente atteggiamenti pubblicitari o concorrenziali”.
In sintesi, non vi sono preclusioni al rilascio di dichiarazioni o interviste, sia sui giornali che sugli altri mezzi di diffusione, così come non può essere censurata la partecipazione a trasmissioni anche televisive che intendano realizzare servizi utili alla società specie se si trattano temi di interesse generale.
È solo il modo con cui ciò avviene che può essere oggetto di censura: la partecipazione ad una trasmissione televisiva, infatti, non può mai essere pretesto per offendere gratuitamente terze persone, ovvero per celebrare successi professionali, con esaltazione della biografia dell’avvocato e delle sue tecniche difensive, ovvero con riferimenti a elementi del tutto pubblicitari e soggettivi.
L’art. 35 CDF, invece, sul “Dovere di corretta Informazione”, individua una serie di requisiti positivi e negativi, di doveri e di divieti ai quali devono uniformarsi i comportamenti dell’avvocato nell’ambito della pubblicità informativa.
In sostanza, l’avvocato deve garantire che le informazioni che diffonde siano accurate, non ingannevoli, non denigratorie e non comparative con altri professionisti.
Le valutazioni sulla pubblicità informativa riguardano, infatti, le modalità con cui tale pubblicità viene effettuata, con particolare riferimento alle interviste, spesso a pagamento, che potrebbero costituire pubblicità occulta, ovvero riferimenti alla apertura di studi sulla strada con modalità finalizzate esclusivamente ad attrarre clientela.
L’avvocato può senz’altro indicare i settori di esercizio dell’attività professionale e, nell’ambito di questi, eventuali materie di attività prevalente, ma l’affermazione di una propria “specializzazione” presuppone sempre l’ottenimento del relativo diploma conseguito presso un istituto universitario.
In tema di “pubblicità professionale” che faccia leva sui “prezzi” la giurisprudenza del C.N.F. è, infatti, assolutamente univoca e costante nel ravvisare un illecito deontologico nel comportamento dell’avvocato che, al fine di acquisire potenziali clienti, “pubblicizzi” il proprio studio legale mediante l’offerta di assistenza legale a “zero spese di anticipo”, ovvero facendo leva su prezzi “troppo bassi”, “a forfait” o addirittura “simbolici”, se non proprio “infimi”.
Una siffatta informazione, infatti, non è sicuramente ispirata al rispetto dei doveri di dignità e decoro ed è comunque contraria alle prescrizioni normative (artt. 17 e 35 CDF), nonché in violazione del divieto di accaparramento di clientela di cui all’art. 37 CDF., in quanto idonea ad esercitare una captazione della clientela suggestiva, autocelebrativa ed intrinsecamente comparativa.
Ed infatti sull’art. 37 del Codice Deontologico Forense si è soffermato l’avv. Nicola Zanni, il quale ha esposto una relazione proprio dal titolo: “Pubblicità Finalizzata all’accaparramento di Clientela” portando anche dei casi pratici di cui si sta occupando in qualità di difensore per cui vi sono state segnalazioni agli Organismi di disciplina per comportamenti ritenuti contrari alla norma di cui all’art. 37 CDF e che sono in attesa o di formulazione del capo di incolpazione ovvero della decisione.
Il divieto sancito nell’art. 37 CDF è quello di impedire di acquisire clientela con modalità non conformi a correttezza e decoro ovvero mediante regalie a chi fornisce clientela, ovvero offrendo tariffe al di sotto dei minimi previsti dai parametri in modo da accaparrarsi clientela o tenersi quella già acquisita accettando compensi troppo bassi pur di non perdere il suddetto “cliente”.
Il Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza del 28 dicembre 2017, n. 244 ha ribadito la rilevanza del “divieto di accaparramento della clientela”, evidenziando il seguente principio: “l’accettazione di un incarico professionale comportante un compenso onnicomprensivo irrisorio mortifica la funzione stessa della professione forense, estrinsecandosi in un comportamento lesivo del decoro e della dignità che devono caratterizzare le attività dell’avvocato”.
Con la predetta pronuncia il C.N.F. qualifica tale pratica come volta “a turbare la corretta concorrenza tra professionisti” e sottolinea “la peculiarità e la specificità della professione forense che, in virtù della sua funzione sociale, impone le limitazioni connesse alla dignità ed al decoro della professione”.
Dopo alcune domande da parte dei partecipanti il convegno si è concluso.
L’incontro ha riconosciuto ai partecipanti ben 3 crediti deontologici.
Altri momenti di confronto ci aspettano durante questo anno e, quindi, non ci resta che augurare a tutte e tutti Buona Pasqua e ricordare il nostro motto:
NOI CI SIAMO!
Eugenia Acquafredda