Gli avvocati e le loro utilità

Come previsto nel suo bando pubblico del 5 marzo 2015, il Comune di Bari ha avviato la riapertura dei termini per l’aggiornamento annuale per l’anno in corso della short list di avvocati per il conferimento di incarichi di rappresentanza e difesa dell’amministrazione comunale nelle cause di risarcimento danni da insidia stradale, nonchè in quelle di valore non superiore alla franchigia della polizza assicurativa stipulata dalla p.a. per la responsabilità civile di cui alla determina dirigenziale n. 2015/05333. Secondo il bando, che prevedeva il termine iniziale del 9 agosto prorogato al 6 settembre, sono ammessi ad iscriversi alla short list gli avvocati in possesso dei seguenti requisiti:
“iscrizione all’Albo degli Avvocati del Foro di appartenenza, da non oltre 15 anni;
essere in regola con l’acquisizione dei crediti riconosciuti per la formazione continua , assenza di sentenze di condanna penale passate in giudicato, decreti penali di condanna irrevocabili o sentenze di applicazione della pena su richiesta (art. 444 c.p.c.) per reati contro la P.A. o che incidano sulla moralità professionale;
assenza di provvedimenti sanzionatori di natura disciplinare;
insussistenza di cause ostative a contrattare con la P.A.;
insussistenza di condizioni di inconferibilità, incompatibilità, e/o conflitto di interessi con il Comune come previste dalla normativa vigente e dal codice deontologico forense;
insussistenza di condizioni di incompatibilità derivanti dalla pendenza di contenzioso personale contro il Comune di Bari o di contenzioso analogo a quello oggetto del presente avviso”.
Il termine, previsto iniziamente per il 9 agosto, veniva poi ulteriormente prorogato al 6 settembre. Una buona opportunità, un’altra, indubbiamente. Però, fermi tutti!
Mi salta all’occhio il primo requisito, quello sul quale mi sono giocoforza dovuta soffermare e sul quale credo si sia soffermata una consistente fetta di colleghi che – come me d’altro canto, ha letto ed ha immediatamente compreso di essere escluso dal bando.
Il criterio, è da considerarsi tecnicamente oggettivo. Poi però mi soffermo all’Amministrazione da cui promana il bando (rectius, l’invito succulento) e mi rendo conto che altro non è, ahimè, che una discriminatoria in forma recondita che una Pubblica Amministrazione ben rodata adopera per mettere in campo, in assenza di personale, l’avvocato qualificato e fresco.
Alla scrivente la domanda nasce spontanea: come mai una pubblica ammnistrazione grande e strutturata come il Comune di Bari, che pure ha costante bisogno di collaborazione esterna, senta la necessità di aggiornare la short list inserendo un criterio che escluda proprio la preparazione conseguita sul campo, l’esperienza, i copiosi incarichi che negli anni fanno del professionista la migliore scelta per una Pubblica Amministrazione? In una parola, come mai si pretende alto profilo professionale tutto doviziosamente trasfuso nel giovane avvocato? Guardiamo ai fatti. Il giovanissimo avvocato potrebbe avere un altissimo profilo professionale, ma potrebbe anche darsi che raggiunga l’eccellenza non prima dei 15 anni di iscrizione all’albo. Allora, qual è l’avvocato giusto per un’Amministrazione che pretende?
Mi viene in mente un assunto: l’esperienza professionale non può essere presunta.
Il TAR Puglia a questo proposito spiegava recentemente che “Nell’affidamento di incarichi professionali, i principi in materia di imparzialità, trasparenza e adeguata motivazione vanno letti in combinato disposto con l’art. 7, del d.lgs. 30.3.2001, n. 165 il quale richiede che gli incarichi individuali siano affidati, per specifiche esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, con contratti di lavoro autonomo, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, predeterminando durata, oggetto e compenso della collaborazione; e con l’art. 97 della Costituzione per l’accesso ai pubblici impieghi, il quale richiede una selezione sulla base di criteri predeterminati, oggettivi e “ripetibili” in sede di controllo dell’iter motivazionale. Di conseguenza ” la comprovata esperienza non può essere solo supposta sulla base dell’appartenenza ad una categoria professionale o del possesso di un titolo di studio e sussiste l’esigenza di una puntuale motivazione delle ragioni concrete che inducono l’Amministrazione conferente a scegliere la collaborazione di uno fra più esperti perché ritenuto maggiormente affidabile in relazione alla durata e all’oggetto e compenso della collaborazione” (così TAR sent. n. 1289.2017).
Nel caso in esame, i principi generali dell’azione amministrativa vanno letti anche alla luce dell’articolo 7, del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 in materia di prestazione d’opera, ai sensi del quale il conferimento di incarichi individuali, per esigenze cui non è possibile far fronte con personale in servizio, avviene: con contratti di lavoro autonomo stipulati con esperti di particolare e comprovata specializzazione (anche universitaria);  previa determinazione della durata, dell’oggetto e del compenso della collaborazione. Va da sè che la collaborazione con il professionista, ancorchè esterna, ha natura giuridica di opera intellettuale.
Ma altri dubbi sorgono piuttosto spontanei. Perchè, come si dice in gergo, il diavolo fa le pentole e non i coperchi. La vicenda fa volare la mia mente ad un’altro fatto, tristemente noto come “la vicenda dell’avvocato scemo”, risalente al 2018, per il quale fu presentato un esposto, sottoscritto da una cinquantina di persone – primi firmatari l’avv. on. Francesco Paolo Sisto, e l’avv. Giuseppe Carrieri, consigliere comunale, oltre ad avvocati, professionisti e gente comune – presentato all’Ordine degli Avvocati, alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti sulle dichiarazioni del sindaco Decaro in ordine alla vicenda della Cassa Prestanza del Comune di Bari. In un audio, diffuso prima di Natale da una testata locale, era incisa la voce del primo cittadino che, nel corso di un incontro con ex dipendenti comunali, che lamentavano il pagamento della «buonuscita» della Cassa prestanza (un fondo integrativo), aveva testualmente detto sul rischio contenzioso : «Guardate, se vincete una volta sola il Comune si arrende, se fate causa il Comune non vuole vincere, metterà un avvocato esterno scemo e voi mettete il migliore, però non lo può dire nessuno oggi».
E allora, non si può, a mio sommesso avviso, non rimanere quanto meno perplessi sulla scelta, che seppur tecnica e ponderata, non soggiace ai criteri di coerenza e rimanda a scenari di opportunità e convenienza. L’avvocato “scemo” avrebbe dovuto essere (ma il condizionale è d’obbligo) un elemento impresso nella coscienza del signor Sindaco, che avrebbe dovuto e potuto conservarne memoria storica, e decidere di adottare guarda caso tale criterio con leggiadria ed anche con una certa dose di incoscienza. Perchè, diciamocelo, il criterio è sostanzialmente discriminatorio sotto il profilo umano e professionale e grava sull’avvocato più attempato, che paradossalmente potrebbe essere più dotato per la Pubblica Ammnistrazione ma che si imbatte sui titoli accademici del giovanotto che presta incarico magari a tariffe contenute. E qui potremmo aver fatto la scoperta dell’acqua minerale naturale (però non lo diciamo) .
Perciò, considerando quei fatti, che si conclusero con aiutanti puntualizzazioni, per la categoria professionale barese codesta vicenda non può concludersi con un laconico criterio oggettivo per la semplice ragione che, dopo la storia dell’avvocato “scemo”, la classe avvocatizia più anziana non può non muovere un j’accuse più che pertinente, mentre quella più giovane dovrebbe iniziare a girarsi i pollici nella ricerca della vera ragione per la quale sarà scelta e convocata al cospetto dell’amministrazione comunale. A nulla valendo, nella sostanza, il fatto che siano stati riaperti i termini, così anche ampliando temporalmente l’offerta di lavoro. Sempre che non sopraggiunga un ricorso al TAR.
Ma non precorriamo i tempi, che siamo pazienti ma non scemi.
Barbara De Lorenzis

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