Questo terribile periodo di pandemia ha amplificato, sottolineato e sancito definitivamente il concetto sostanziale secondo cui l’avvocato è parificabile ad un ectoplasma.
Eppure sin dagli inizi della professione, ma sin anche dalla pratica forense, l’avvocato viene “istruito” sul suo ruolo fondamentale nella società, quale elemento fondamentale a difesa dei diritti.
Nell’ambito di un contesto sia giudiziale, che stragiudiziale. Viene “indottrinato” sui doveri cui si deve attenere: deontologici e normati. Viene formato sullo stile di vita e comportamento che deve adottare nel rispetto del decoro professionale. Viene persino istruito sui limiti alle sue libere e diverse iniziative, imprenditoriali e non, sempre nel rispetto di principi di imparzialità e conflitto di interessi.
Sin da subito, il “sacrificio” cui è sottoposto viene bilanciato dal sentimento di fierezza e di orgoglio del ruolo fondamentale al quale viene ”vocato” ed il profilo cui “crede” si disegni attorno a se, nel momento in cui, avvolgendo il proprio corpo nella toga si inserisce in un contesto giudiziale (tribunale) centro del suo universo personale e sociale.
La vita, però, è altra cosa. E lo si comprende attraverso l’esperienza, l’età e la riflessione.
Man mano, il tempo e gli eventi, sottolineano quanto complesso è vivere in una società, che sia pur moderna, globalizzata e connessa, soggiace alle regole di convivenza che, nel caso degli avvocati, è consistita in quella che è stata definita “operazione di depauperamento” ovvero “smantellamento” delle sue prerogative.
Le modifiche legislative attuate in varie materie del diritto hanno avuto l’unico obiettivo di sottrarre alla libera professione tutto o parte del compendio di attività giudiziali e stragiudiziali che storicamente erano il baluardo delle attività legali. Penso a tutte quelle attività che oggi il cittadino può risolvere con l’amministrazione territoriale; per esempio i Comuni per le separazioni consensuali.
Sotto altro aspetto, si è assistito e si assiste alla demolizione degli elementi strutturali e funzionali, attraverso una politica che non investe sulle strutture di edilizia giudiziaria e sull’implementazione del personale giudiziario ed amministrativo.
In particolar modo, Bari e suo circondario assiste, da anni ormai, ad una gestione politico amministrativa di sola “emergenza”: 1. opere di messa in sicurezza di strutture giudiziarie – scelte deliberatamente – non adatte, pericolanti nel tempo; 2. predisposizione di ambienti giudiziari (tende della Protezione civile); 3. chiusura sezioni distaccate; 4. accorpamento in sedi, senza disporre l’incremento di personale amministrativo e giudiziario; 5. mantenimento di “arcipelago di sedi” non accorpate e non adatte all’uso. In sostanza la negazione di una politica giudiziaria in termini di sicurezza, logistica, funzionalità. Una lenta demolizione di un sistema fondamentale della società civile. Giustificata da pseudo ragioni di deflazione, economia delle risorse.
Nel contempo sono aumentate ed acuite le difficoltà connesse alle attività di cancelleria presso gli uffici; le difficoltà telematiche nella gestione di sempre crescenti piattaforme informatiche; l’impegno formativo; la quantificazione degli obblighi contributivi, assicurativi e tanto altro.
Su altro versante, come se non bastasse, la riforma tariffaria ha consentito la legittimazione nella quantificazione di compensi professionali non rispettati nemmeno dalle Autorità in sede di liquidazione, agganciate a criteri di discrezionalità al di fuori di ogni opportunità, per così dire. E vi è tanto altro. Si sa.
Ebbene, scoppia la pandemia. Ci troviamo noi tutti come in attesa di “giudizio”, attendendo il responso da parte di Chi ci obbliga alla permanenza domiciliare (misura che sino all’altro giorno avevamo magari tentato di revocare ai nostri clienti), e che ci chiude i Tribunali.
Inizia la conta. Lo Stato fa riferimento alle prime categorie a cui garantisce lavoro e salario dipendente; si dispone per essi lo “smart working” spacciandolo per opportunità per tutti; si prevede la cassa integrazione per coloro che ne possono usufruire; alle aziende si assicurano aiuti e sovvenzioni; si assicura per quelli che ne possono usufruire la tutela Inps; e così via, sino ad arrivare a coloro che beneficiano del reddito di cittadinanza; bonus baby sitting; pensioni sociali e via dicendo.
Ognuno di noi cerca tra le disposizioni del Governo qualcosa che parli almeno di noi. Ci si confronta, si discute. Nulla.
A qualcuno vien spontaneo chiedersi: e noi? Noi che dovremmo essere uno dei pilastri del meccanismo giustizia e di tutela dei diritti? Proprio noi che dovremmo essere la categoria più adatta ad avanzare efficacemente la legittima richiesta di riconoscimento di un diritto (al di là della sua quantificazione).
Vien, quindi spontaneo a tutti chiedersi e rivolgere l’attenzione a Colui il quale dovrebbe tutelare i tuoi diritti ed esigenze, dal punto di vista “assistenziale”. La Cassa di Assistenza e Previdenza Forense.
Dando per scontato che chi più di Essa ha il polso della condizione attuale degli avvocati. Ne conosce performance in termini di reddito, di esigenze. Ben consapevoli che le statistiche in possesso della Cassa manifestano sempre più crescente crisi della professione in termini di fatturato, di regolarità contributiva, di ricorso sempre più crescente a regimi forfettari, di cancellazioni vistose e avvilenti.
La Cassa, dal conto suo, non in modo spontaneo, ma a seguito di immediate rivendicazioni espresse anche dagli Organi Istituzionali rappresentativi, tenta (ed uso il termine non a caso) di “offrire” una proposta di intervento che, al netto di quanto si dirà in seguito, appare evidentemente: non opportuna, inefficace, inutile. E se mi si consente, dannosa.
Ma veniamo all’epilogo recente; ultimo atto di una vicenda che secondo me avrà un seguito.
In data 2 aprile c.a. il Consiglio di Amministrazione, comunicava di aver, nel corso dell’odierna riunione e nell’ambito dei poteri previsti da Statuto e Regolamenti, adottato all’unanimità misure definite “di natura straordinaria” a favore dei propri iscritti, sia sotto il profilo degli adempimenti previdenziali sia per quanto riguarda quelli che, altresì, venivano definiti “ulteriori interventi di natura assistenziale e di sostegno” alla professione.
La premessa appare talmente rassicurante, ma risulterà slogan fine a se stesso, smentito dai contenuti di quello che viene deliberato “all’unanimità”.
La Cassa, infatti, ha deliberato: quanto agli Adempimenti previdenziali (dichiarativi e contributivi):
- il DIFFERIMENTO al 31/12/2020 il termine regolamentare per la trasmissione in via telematica del Mod. 5/2020;
- il DIFFERIMENTO al 31/12/2020 il termine per il pagamento dei contributi in autoliquidazione connessi al mod. 5/2020 (riferimento redditi 2019) che potranno essere corrisposti con le seguenti modalità, alternative tra loro:
- in unica soluzione entro il 31/12/2020, a mezzo MaV, senza interessi e sanzioni; ovvero in due rate annuali di pari importo con scadenza 31/3/2021 e 31/3/2022, maggiorate dell’interesse dell’1,50%, su base annua, senza sanzioni;
- ovvero, ancora, mediante iscrizione nel ruolo 2021 (da formare a ottobre 2021), maggiorati degli interessi nella misura dell’1,50%, senza sanzioni, con possibilità di chiedere ulteriori rateazioni direttamente al Concessionario (fino a 72 rate).
- il DIFFERIMENTO al 31/12/2020 del Contributo minimo soggettivo e di maternità per l’anno 2020, senza applicazioni di interessi e sanzioni, riservando eventuali ulteriori interventi, non di competenza del Consiglio di Amministrazione, alla valutazione e decisione del Comitato dei Delegati, Organo competente per Statuto, nel corso della prossima riunione.
- di chiedere al Comitato dei Delegati, l’utilizzo del fondo straordinario di € 10.000.000,00 (previsto all’art. 22, comma IV, lett. c) Regolamento Assistenza per iniziative a sostegno della professione). Lo stanziamento consentirà anche di adottare, con l’ausilio degli Ordini territoriali, ulteriori misure nelle aree geografiche che risulteranno più colpite dagli effetti conseguenti il contagio da COVID-19.
- di istituire due bandi straordinari per l’erogazione di contributi per canoni di locazione per lo studio professionale, l’uno riservato a conduttori persone fisiche e l’altro riservato a Studi Associati e Società tra Avvocati con uno stanziamento complessivo di € 5.600.000,00. I bandi prevedono il rimborso del 50% dei canoni corrisposti nel periodo 1° febbraio – 30 aprile 2020;
- di attivare la convenzione per l’accesso al credito agevolato presso la Banca Popolare di Sondrio per anticipazione economica nella misura massima del 30% del volume d’affari IVA dell’anno 2019 nonché per acquisto di immobilizzazioni materiali ed immateriali necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa nella misura massima del 100% dei preventivi e/o fatture emesse da data non superiore a 30 giorni dalla richiesta di finanziamento;
- di attivare la convenzione per l’accesso al credito agevolato presso la Banca Nazionale del Lavoro finanziamenti con una durata massima di 17 mesi;
- di impegnare € 3.000.000,00 al fine di garantire l’accesso al credito degli iscritti tramite fondo di garanzia costituito con CDP;
- di prevedere l’estensione della Polizza sanitaria Unisalute con copertura COVID 19 ai video consulti psicologici e di igiene e profilassi;
- di implementare la convenzione VIS VALORE per la consegna domiciliare di farmaci e parafarmaci;
- di implementare il fondo in favore di superstiti e titolari di pensioni dirette cancellati da Albi, indirette e reversibilità da € 50.000,00 a € 340.000,00.
Al di là della suggestione numerica degli interventi deliberati, è bene premettere che:
(A) quanto ai punti che riguardano i termini di pagamento sia del Mod 5/2020 in autoliquidazione che del Contributo minimo soggettivo e di maternità per l’anno 2020, aver disposto il loro differimento alla data del dicembre 2020 ha l’evidente effetto di prorogare sino alla fine dell’anno l’agonia del professionista che a quella data avrà maturato l’onere di pagare contributi per l’anno 2021 (la cui prima rata ogni anno è stabilita per febbraio), determinandosi l’effetto domino perverso del sovraindebitamento contributivo.
Evidentemente l’Ente Assistenziale e Previdenziale non avverte di aver strutturato un meccanismo tutt’altro che virtuoso, compresso in un periodo così breve, tenuto conto della indefinita ed indefinibile conclusione cronologica del fenomeno pandemico, i cui effetti (basta conoscere la storia in tema) si protrarranno inevitabilmente per un periodo che gli studiosi di statistica mondiale e nazionale hanno quantificato di gran lunga superiore ad un anno, a partire dalla formale dichiarazione di cessazione della pandemia. Data che – si ripete – nessuno, nemmeno la Cassa può oggi stabilire, ben potendo protrarsi anche per tutto il 2020.
Quindi, sul punto ci si chiede: come fa la Cassa a stabilire che alla data del dicembre 2020 la pandemia sarà cessata, i professionisti si saranno ripresi nelle loro attività tanto da far fronte ai pagamenti come scadenzati?
(B) Quanto alla prevista possibilità di far slittare i detti pagamenti al 2021 e 2022, la prevista applicazione del 1,5% su base annua manifesta palesemente – anche in questo caso – la non disponibilità dell’Ente Cassa nel comprendere gli effetti della pandemia sulla capacità reddituale del professionista; manifesta la non volontà di discostarsi – sia pur eccezionalmente – dalle regole che – in tempi normali – sovraintendono il pagamento dilazionato di oneri contributivi.
In pratica si dice: paga con interessi se vuoi dilazionare nel tempo, anche se in periodo di pandemia e di permanenza a casa non stai lavorando, non stai incassando, non hai una rendita passiva da cui attingere questo denaro.
Se non fosse chiara al professionista questa diatesi di rigida indisponibilità della Cassa nei suoi confronti, il deliberato successivo, lo conferma e lo stigmatizza definitivamente.
(C) Si delibera, infatti, che qualora non si rispetti il piano di pagamento in due soluzioni (al 2021 e 2022) si avverte che verrà emessa cartella esattoriale nei confronti del professionista, con tutte le conseguenze del caso: “verrà emessa cartella ovvero, ancora, mediante iscrizione nel ruolo 2021 (da formare a ottobre 2021), maggiorati degli interessi nella misura dell’1,50%, senza sanzioni, con possibilità di chiedere ulteriori rateazioni direttamente al Concessionario (fino a 72 rate)”.
La Cassa, a mio parere, manifesta ulteriormente la sua natura tutt’altro che assistenziale, rimarcando, se ce ne fosse ancora bisogno, la “distanza” con il professionista iscritto, indicando una soluzione ulteriore; ossia indica a questi di richiedere accesso al credito “agevolato”: ma attenzione, limitato alla misura massima del 30% del volume d’affari IVA dell’anno 2019. Quindi si dice: vai in banca e chiedi il denaro ad interessi che ti serve per pagare oneri e contributi e quant’altro. Come se avessimo bisogno di chi ci suggerisca un “rimedio” ovvio, in assenza di altro. Ed è questo il punto.
Per di più “suggerisce” anche DOVE andare: alla Banca Popolare di Sondrio. Istituto, guarda caso, presso il quale si delibera di attivare la convenzione, però, con i limiti siddetti, che probabilmente altro istituto non porrebbe.
(D) Quanto poi alla possibilità “suggerita” di aderire alla convenzione con il detto Istituto, per richiedere di accedere al credito per “l’acquisto di immobilizzazioni materiali ed immateriali, necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa nella misura massima del 100% dei preventivi e/o fatture emesse da data non superiore a 30 giorni dalla richiesta di finanziamento”, credo si commenti da sola. La Cassa oggi pensa che in periodo di pandemia, qualche professionista possa e voglia “rilanciare” la sua professione adoperandosi in acquisti di immobilizzazioni materiali ed immateriali ?
(E) Ritengo inutile, altresì, evidenziare quanto inconsistente dal punto di vista del riscontro pratico, immediato ed efficace risulta il deliberato che fa riferimento alla intenzione della Cassa di “chiedere al Comitato dei Delegati, l’utilizzo del fondo straordinario di € 10.000.000,00”, specie se destinato solo alle “aree geografiche che risulteranno più colpite dagli effetti conseguenti il contagio da COVID-19”. Rimane una dichiarazione di intenti, destinata a parte degli iscritti (non tutti), chissà quando e chissà con quali requisiti di bando; medesimo che dovrebbe regolare – con le dette limitazioni – anche quello previsto “’l’erogazione di contributi per canoni di locazione per lo studio professionale”, per di più già dichiaratamente destinato a NON coprire il 100 % del rimborso.
(F) Quanto poi agli ultimi deliberati in ordine, sottolineo, se ce ne fosse bisogno, che la prevista e sbandierata estensione ad attività di video consulti psicologici e di igiene e profilassi della polizza sanitaria Unisalute, per quanto appaia francamente un intervento appunto a tutela del fattore psicologico del professionista, si sarebbe potuto evitare ed al suo posto si sarebbe potuto deliberare un chiaro, reale ed immediato intervento economico in favore del professionista che lo avrebbe potuto tenere al riparo da “diversi ed inutili sostegni psicologici”.
(G) In questa ottica di pseudo assistenza pandemica si sarebbe potuto evitare, quindi, di deliberare di “implementare la convenzione VisValore per la consegna domiciliare di farmaci e parafarmaci”.
Concludo con l’amara presa d’atto che se il professionista otterrà qualcosa di concreto, sia pur insufficiente, lo otterrà dall’Istituto di Previdenza Statale, non dalla Cassa che, anticipandone l’importo, ne beneficerà in termini di rimborso. Si spera senza interessi a carico nostro.
Aiuto dell’INPS, dunque, proprio quell’Istituto cui ad ognuno di noi – da statuto – è stato negato (dalla Cassa) di iscriverci, ma che poi è l’unico che è giunto in nostro “soccorso”.
Credo ed auspico che l’atteggiamento della Cassa nei nostri confronti in occasione dell’emergenza pandemica, provochi profonde riflessioni sulla necessità di modificare innanzitutto il rapporto tra noi iscritti e la Cassa; in secondo luogo ritengo che debba formarsi una coscienza unitaria acchè si pongano in essere proposte di modifiche su più fronti, non ultima quella sul trattamento economico di chi – evidentemente – anche per questo motivo, dovendosi immedesimare nella condizione a dir poco critica di ciascuno di noi, dal sistema è posto – per così dire – in diversa condizione, tanto da non percepire la realtà.
Un cordiale saluto alla Cassa tutta, in particolar modo al Presidente e ai componenti del Consiglio di Amministrazione.
Edgardo Gallo