«L’umanità, io l’ho divisa in due categorie di persone: Uomini e caporali.
La categoria degli uomini è la maggioranza, quella dei caporali, per fortuna, è la minoranza.
Gli uomini sono quegli esseri costretti a lavorare per tutta la vita, come bestie, senza vedere mai un raggio di sole, senza mai la minima soddisfazione, sempre nell’ombra grigia di un’esistenza grama. I caporali sono appunto coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che maltrattano, che umiliano. Questi esseri invasati dalla loro bramosia di guadagno li troviamo sempre a galla, sempre al posto di comando, spesso senza averne l’autorità, l’abilità o l’intelligenza ma con la sola bravura delle loro facce toste, della loro prepotenza, pronti a vessare il povero uomo qualunque. Dunque dottore ha capito? Caporale si nasce, non si diventa! A qualunque ceto essi appartengano, di qualunque nazione essi siano, ci faccia caso, hanno tutti la stessa faccia, le stesse espressioni, gli stessi modi. Pensano tutti alla stessa maniera!» (Totò Esposito)
Così il grande Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi de Curtis di Bisanzio soleva suddividere il genere umano;
Egli era un comico, anzi, la Sua era satira pungente, irriverente e cattiva, non per nulla fu il primo a godere delle attenzioni della censura – prima di quella di regime e poi, di quella di Stato espressa da un giovane ed aspro Giulio Andreotti.
Ma questa è altra storia.
Il monologo recitato da Totò al dottore è solo il pretesto per iniziare un improbabile viaggio alla ricerca dei moderni “caporali” dei nuovi vizi e delle poche virtù di questa diffusa categoria di uomini.
Prima di ogni cosa, mi pare giusto precisare che oggi, in ossequio ai principi della democrazia, del pluralismo e di tutti quegli altri concetti che suonano bene (seppur non esprimano nulla) il diritto a diventare “caporali” è universalmente riconosciuto a chiunque, e ciò a prescindere dal censo e dalla casta.
E’ proprio così, il caporale per nascita ha lasciato spazio al caporale per vocazione, per spirito di servizio e, perché no, per semplice emulazione.
Il moderno caporale ha studiato anni per conquistare il nuovo rango.
Spesso è figlio di quegli “uomini” che hanno vissuto nell’ombra, hanno lavorato con dignità e decoro rispettosi delle regole e ciò a prescindere dal “caporale” di turno.
Egli ha sviluppato sentimenti di odio e rancore (direi di invidia, ma poi qualcuno potrebbe anche riconoscersi in questo improbabile ritratto) che lo portano ad ignobili aggressioni nei confronti di chi non la pensa come lui.
Il nuovo caporale è una finta vittima che si nasconde dietro la dignità del genitore che lo ha cresciuto ed educato, anche nel tentativo di farne un uomo migliore.
Il nuovo caporale sarà sempre impegnato in patetiche rivendicazioni che utilizzerà ogni qualvolta avrà voglia di sfruttare il suo ruolo e le sue origini.
E’ facile riconoscerlo, non serve la fisiognomica! Egli anteporrà ad ogni richiesta “è un mio diritto” o il più penoso “i miei genitori hanno fatto dei sacrifici per farmi studiare” dimenticando che non esistono rendite di posizione, almeno nel mondo liberale, dove è il mercato a scegliere chi va avanti e chi resta al palo.
Il nuovo caporale è quello che rivendica ogni sorta di sussidio, invoca prebende a prescindere dai meriti, dolendosi ogni qualvolta il sistema lo confina nell’angolo che merita di occupare.
A proposito, è uscito il modulo ?
Sempre Vostro devoto
Grillo Parlante